francescanesimo

Gerusalemme e La Verna, il legno e la pietra

Padre Enzo Fortunato
Pubblicato il 02-04-2021

Momenti della vita di Cristo e Francesco che ci ricordano come sia importante riparare il peccato

Ci troviamo immersi nel cammino verso la Pasqua che la Chiesa chiama Quaresima. Abbiamo pensato di porre al centro due realtà che richiamano il cammino cristiano e il cammino francescano: il Golgota e La Verna, Cristo e Francesco, il legno e la pietra. Sulla strada che porta ancora oggi il nome di Via Dolorosa c’è un corteo che avanza con un uomo che porta sulle spalle il patibulum, cioè l’asse trasversale della croce. Il legno verticale, asse portante attendeva l’altro legno. La cultura del tempo, ci ricorda Paolo, diceva “Maledetto chi pende dal legno”. Sappiamo che quella maledizione si è trasformata in benedizione per noi. 

L’altra strada, quella che porta da Assisi alla Verna, è ciottolosa, e sul monte della Verna ancora oggi una pietra identifica il luogo dove Francesco ha ricevuto le stimmate: “Che io muoia – diceva Francesco a Cristo – per l’amor dell’amor tuo come tu ti sei degnato di morire per amore mio”. Questa pietra è divenuta testata d’angolo. Testata d’angolo per capire la nostra identità, e l’identità stessa di Dio. Chi sei tu? Chi sono io? È l’interrogativo che Francesco fa emergere da questa roccia, da quell’incontro. 

Sia il legno che la roccia diventano il riparare ciò che è stato rotto e ferito dal peccato. Viene in mente la filosofia del Kintsugi: riparare con l’oro le ceramiche rotte che acquistano maggiore preziosità di quando erano integre. Si tratta di una antica pratica del Sol Levante che evidenzia i segni della rottura, saldando i pezzi con il metallo prezioso. In pratica una filosofia di vita, un sistema intelligente per trasformare un danno in vanto, un dispiacere in felicità.

Quante volte si è sentito affermare, spesso con sincero dispiacere, un vaso rotto non sarà più come prima? E invece il legno, la roccia, diventano occasione per comprendere che ciò che è rotto può essere riparato, ciò che è ferito lenito, ciò che è escluso incluso, ciò che è emarginato centrale. L’importante è riparare con “l’oro”. Ecco allora il cammino quaresimale acquista il suo vero senso in questa lontana tecnica: cIò che esiste al mondo è unico e irripetibile, diverso da qualsiasi altro, e in questo sta il suo fascino e la sua bellezza. Come uniche sono le nostre vite. Siamo tutti pezzi unici. Insostituibili. A comprovarlo è anche il dna e i dermatoglifi dei polpastrelli, la famosa impronta digitale. 

Capire il cammino quaresimale significa comprendere la nostra unicità e preziosità dinanzi a Dio. Quel legno e quella Roccia ci dicono che il lavoro è tutto esistenziale, è tutto artigianale. Ha bisogno dell’incontro con le ferite della croce, con quella sosta sulla roccia.

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