fede

La Parabola, strategia comunicativa 'obliqua'

Redazione online ognissantisanbarnaba.it
Pubblicato il 30-11--0001

La parabola non è, come si potrebbe credere, una forma semplice di linguaggio. Si lascia comprendere con facilità, ma rappresenta una vera e propria strategia comunicativa che fa leva su almeno sei o sette elementi logici e linguistici di cui mettiamo in rilievo solo i seguenti: agisce in modo “obliquo”, dicendo cioè le cose non in modo “diretto” o violento, ma nella ricerca di uno spazio di libertà nel cuore dell’interlocutore; fa leva sulla capacità dell’altro di immedesimarsi e, alla fine, anche – se necessario – auto-giudicarsi.

Un esempio ancor più evidente, rispetto alla parabola del Samaritano, è quello che riguarda il racconto del “figlio prodigo”. Questa parabola non viene narrata da Gesù tanto per parlare della misericordia del Padre, quanto piuttosto per far riconoscere a coloro che lo giudicano i gravi errori che compiono. Anche in questo caso, ovviamente, non si deve perdere di vista il contesto: Gesù racconta le parabole del figlio prodigo, della perla perduta e della pecora smarrita perché «i farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”» (Lc 15,2). Gesù, quindi, si aspetta che i farisei e gli scribi si immedesimino – ma il Signore non insiste con loro esplicitamente su questo, e lo fa solo attraverso la parabola – non con il figlio minore che torna a casa, ma con quello maggiore che non è contento del ritorno del suo fratello.



La parabola dunque richiede che l’interlocutore si immedesimi nella storia fittizia, vi sia come “imprigionato” e poi ne possa uscire liberato da se stesso e dai propri peccati. Proprio come accade per Davide, incapace di vedere il proprio errore di omicidio e di provocato adulterio fin quando Natan, il suo profeta di corte, verrà da lui e – umilmente ma con la forza della parola che pronuncia – gli racconterà proprio una parabola (cfr. Secondo libro di Samuele 12,1-12). Davide, grazie a quella storia, potrà finalmente riconoscere il proprio sbaglio («Ho peccato contro il Signore »; 2Sam 12,13), e in forza di questa confessione, addirittura essere perdonato dai suoi grandi peccati («Il Signore ha perdonato il tuo peccato»).



Proprio nel raccontare la parabola, allora, Gesù compie la sua seconda opera di misericordia, quella di prendere tempo per inventare una storia (fittizia ma plausibile) riguardante uno sventurato viaggiatore lasciato mezzo morto sulla strada che scende da Gerusalemme (850 m di altezza) per raggiungere la più profonda depressione del pianeta, quella del Mar Morto (427 m sotto il livello del mare), nelle cui vicinanze si trova Gerico.

In MISERICORDIA IO VOGLIO, di Giulio Michelini dal n. 1/2016 della Rivista Porziuncola - Assisiofm.it 

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA