I Papi e il dialogo ebraico-cristiano: oltre 50 anni di cammino
Si celebra oggi in Italia la ventottesima Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Il filo rosso di quest’anno è dedicato al Libro di Rut. Esattamente un anno fa Papa Francesco, nella storica visita al Tempio Maggiore di Roma, ha ribadito che ebrei e cristiani devono "sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio”.
l messaggio di amicizia, dialogo e profonda condivisione tra cristiani ed ebrei si rintraccia con forza ancora prima della Dichiarazione Conciliare “Nostra Aetate”. Paolo VI, infatti, nel gennaio del 1964 - un anno prima della conclusione dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II - dà avvio ai viaggi apostolici internazionali, andando proprio in Terra Santa. Il Pontefice visita Gerusalemme, Nazareth e Betlemme, è accolto dal Re Hussein di Giordania, dal Presidente della Repubblica Israeliana Shazar. Storico è l’incontro con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Atenagora. Il legame tra cristiani ed ebrei viene sottolineato il 5 gennaio nei saluti con le autorità, sul Colle di Meghiddo:
“Nous y incluons volontiers les fils du ‘peuple de l’Alliance’ …
Volentieri ricordiamo i figli del ‘Popolo dell’Alleanza’ - dice Paolo VI - il cui compito nella storia religiosa dell’umanità non possiamo dimenticare”.
Il cammino di amicizia con gli ebrei, nella comune discendenza da Abramo, prosegue fortemente con Giovanni Paolo II, che neanche un anno dopo la sua elezione visita il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau: è il 7 giugno del 1979. Il Papa polacco è il primo Successore di Pietro a varcare i cancelli dello sterminio, portando la luce di Cristo. Sette anni dopo - il 13 aprile del 1986 - è il primo Pontefice ad entrare nel Tempio Maggiore di Roma. Indimenticabile l’immagine del suo abbraccio con il Rabbino Capo Elio Toaff:
“La religione ebraica non ci è estrinseca, ma in un certo qual modo è intrinseca alla nostra religione. Abbiamo quindi, verso di essa, dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti, e in un certo modo si potrebbe dire ‘i nostri fratelli maggiori’”.
Arriveranno poi il riconoscimento diplomatico dello Stato d’Israele, da parte della Santa Sede, e il pellegrinaggio giubilare di Papa Wojtyla in Israele, nel marzo del 2000.
Papa Benedetto XVI raccoglie e amplia l’eredità dei suoi predecessori: nell’agosto del 2005 è a Colonia per la Giornata Mondiale della Gioventù e compie la sua prima vista in una Sinagoga; l’anno dopo visita Auschwitz-Birkenau; nel 2008 è alla "Park East Synagogue” di New York; e l’anno seguente il viaggio in Israele. Papa Ratzinger, come Giovanni Paolo II, chiede perdono per tutte le ingiustizie che il popolo ebraico ha subito. Il 17 gennaio 2010 entra anche lui nel Tempio Maggiore di Roma:
“Il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, quasi 24 anni fa, intese offrire un deciso contributo al consolidamento dei buoni rapporti tra le nostre comunità per superare ogni incomprensione e pregiudizio. Questa mia visita si inserisce nel cammino tracciato, per confermarlo e rafforzarlo”.
La linfa dell’incontro e la vicinanza al popolo ebraico crescono ancora con Papa Francesco, che nel secondo anno di Pontificato, come i suoi predecessori, va in Israele: è il 26 maggio 2014, sono passati 50 anni dal viaggio di Paolo VI. Nel giugno del 2016 prega in silenzio ad Auschwitz. A gennaio anche lui era stato accolto nella Sinagoga di Roma:
“Cari fratelli maggiori dobbiamo davvero essere grati per tutto ciò che è stato possibile realizzare negli ultimi 50 anni, perché tra noi sono cresciute e si sono approfondite la comprensione reciproca, la muta fiducia e l’amicizia”.
Quattro Papi in cammino, che guidano il popolo cristiano nell’abbraccio con il popolo ebraico nella consapevolezza di un’unica grande famiglia umana.( Massimiliano Menichetti - Radiovaticana)
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