Come si diventa poveri, o ancora più poveri, con il coronavirus
Il racconto di Don Emanuele Morelli direttore Caritas di Pisa
Due settimane fa don Emanuele Morelli ha contato 330 persone nuove in più ai servizi della Caritas diocesana di Pisa che dirige. Nel frattempo sono sicuramente aumentate. "Colpa dell' emergenza sanitaria", spiega al Foglio prima di incontrare 15 giostrai che hanno bisogno di aiuto e parlare con una comunità di frati che svolge un servizio di logistica - da potenziare, dice don Morelli - per la consegna di generi alimentari a una settantina di famiglie collegate alla Caritas.
"Le mense sono rimaste aperte, quella che serve il pranzo non fa più sedere i suoi ospiti, per rispettare il distanziamento sociale, ma fornisce lo stesso cibo, cotto e caldo, che avrebbero mangiato seduti. E' come in un take away, insomma", dice il direttore della Caritas pisana. "E' rimasto tutto aperto ma abbiamo rimodulato il servizio e da 60 pasti al giorno siamo passati a 100 pasti al giorno". I nuovi poveri che vanno a mangiare alla mensa del Cottolengo però non sono soltanto 40 in più, perché una trentina dei vecchi "clienti" adesso utilizza la rete dei dormitori del comune, che è stata potenziata, aperta giorno e notte, e dà anche da mangiare. "La domanda è aumentata. Sono arrivate le persone che prima si arrangiavano facendo l' elemosina fuori dai negozi o i parcheggiatori abusivi.
Tutti quelli che insomma prima riuscivano a raggranellare qualcosa e adesso non ce la fanno. Non tutti sono senza fissa dimora, alcuni stanno nei bed and breakfast, nelle roulotte o in case comuni". Sono profili di alta marginalità, persone che vivono di elemosina. Senza gente in giro, semplicemente non hanno alcuna entrata e non riescono a mangiare.
Di loro si occupano i volontari. Quelli più anziani sono rimasti a casa, per essere maggiormente tutelati. Anche perché al Cottolengo, dove c' è la mensa aperta a pranzo, c' è anche una casa di cura gestita dalle suore che finora ha avuto zero positivi al Covid. Sono rimasti in servizio i volontari giovani, una quindicina, più il personale della Caritas. Ogni giorno preparano 100 sacchetti di cibo. Ma non c' è solo il servizio mensa. La Caritas offre anche pacchi spesa e buoni d' acquisto per generi alimentari, spiega a chi ha una partita Iva come si fa a ottenere i 600 euro per liberi professionisti. "In questo periodo sono arrivati i giostrai, che avevano appena svernato e stavano per ricominciare a lavorare con l' arrivo della primavera, dell' estate e delle fiere. Gli ambulanti, soprattutto quelli della comunità senegalese, dove abbiamo fatto una trentina di interventi".
Ma il dato più preoccupante, dice don Emanuele Morelli, arriva dalle famiglie "border line, che in epoca pre-Covid ce la facevano a pagare affitti e utenze e adesso non più. Come quella famiglia in cui il marito fa il muratore in nero e la moglie svolge assistenza generica in ospedale. I cantieri sono chiusi e gli ospedali hanno comprensibilmente chiuso l' accesso agli esterni, per evitare il contagio. Il problema però è che queste persone non hanno di che mangiare". Ci sono poi appunto i senegalesi, dice don Morelli, "che non sono cicale ma formiche. Quello che raccolgono, lo inviano a casa in Senegal per mantenere la famiglia d' origine. Ora non hanno niente. Il presidente della comunità senegalese ci ha chiamato per chiederci una mano.
Ci siamo attivati per distribuire generi alimentari e buoni d' acquisto". Quindi, dice il direttore della Caritas, "se non riparte qualcosa non so cosa succederà". L' unico aspetto positivo è che in queste settimane c' è stata "una bellissima splendida solidarietà di base in diversi settori. Un parroco della diocesi mi ha raccontato di aver ricevuto offerte sufficienti per riuscire ad acquistare generi alimentari. Un' associazione che si occupa di mettere i defibrillatori nei quartieri, Cecchini cuore, si è riconvertita e si è messa a portare la spesa agli anziani e alle persone sole.
Noi, come Caritas, non lavoriamo con il sostegno pubblico ma con l' 8 per mille. In questo momento tanta gente si fida di noi e ci aiuta, anche con offerte importanti. A marzo siamo stati contattati da una fondazione che lavora con il sud del mondo. Ha pagato il servizio mensa per tutto il mese. Insomma, c' è una bella solidarietà di base della quale tenere traccia". Anche dopo l' emergenza. (Il Foglio)
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