SANTOS: COSTRUZIONE PACE COME COSTRUZIONE BASILICA, UN MATTONE ALLA VOLTA
Il Custode del Sacro Convento di Assisi ha consegnato, al premio nobel per la pace, la lampada di San Francesco
Nel salone Papale del Sacro Convento di Assisi, il presidente Santos ha tenuto la sua Lectio Magistralis dove ha spiegato lo storico accordo di pace con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia.
"Buon pomeriggio a tutti, sono onorato di essere qui con voi e di condividere un’esperienza che noi colombiani abbiamo vissuto e che sta cambiando il nostro futuro. Alcuni anni fa era praticamente impossibile la pace con le Farc e siamo invece riusciti a dimostrare che era possibile. Molte volte ci si chiede come è stato possibile? Perché dopo 52 anni di guerra è stato possibile sedersi e trovare un accordo? Un patto, un accordo che presenta anche degli elementi profondamente innovativi nella risoluzione dei conflitti armati nel mondo.
Che cosa è successo a me personalmente, molti mi chiedono, che cosa mi ha motivato a intraprendere questa strada? Desidero quindi condividere con voi questa esperienza. Io, come tutti i colombiani, ho vissuto una situazione molto sui generis, quella di un paese in guerra. Ricordo quando con i miei genitori avevo dieci, docini anni e andavamo nelle zone rurali e andavamo accompagnati da militari dell’esercito e io chiedevo a mio padre “Ma perché?” - “Perché è pericoloso”.
Io sono cresciuto in questo contesto così come tutti i colombiani. Poi qualche anno dopo sono diventato Ministro del commercio estero e stavamo aprendo la nostra economia, stavamo cercando di vedere il paese agli investitori perché venissero in Colombia a fare business eravamo a New York in una conferenza simile a questa con i dirigenti delle principali aziende statunitensi che avevano organizzato un grande evento e a metà dell’evento all’improvviso è arrivata una notizia: una bomba che aveva ucciso moltissime persone in una città della Colombia. Di fatto la conferenza è finita lì.
Dopo quella conferenza uno dei grandi investitori mi ha detto “Vede Ministro fin tanto che ci sarà la guerra da voi non sarà possibile realizzare davvero appieno il vostro potenziale. Gli investitori non vanno dove ci sono delle guerre”. E queste parole mi hanno segnato molto. Lì ho iniziato a dirmi: “Questo paese ha bisogno di pace”. Ho iniziato quindi a studiare che cosa stava succedendo in Colombia e nel resto del mondo. Ho iniziato a studiare la soluzione dei conflitti armati. In Colombia tutti i presidenti da trent’anni a questa parte hanno cercato di fare la pace con le Farc ma tutti hanno fallito. Nello studio che ho svolto sui nostri processi e quelli di altri paesi, abbiamo iniziato ad estrapolare alcune lezioni,alcune informazioni necessarie per raggiungere un processo di successo.
Ho iniziato a individuare alcuni punti, bisogna creare le condizioni necessarie, avviare un processo senza queste condizioni è praticamente una garanzia di fallimento. Io ho individuato tre pre requisiti: primo – che la correlazione delle forze militari doveva essere in favore dello Stato. Lo Stato doveva avere la posizione militare più forte perché questo suppone due cose, innanzitutto che è possibile negoziare in una posizione di forza, e in secondo luogo che i guerriglieri o qualsiasi altro gruppo in tali circostanze sarà spinto a pensare sempre di più che tramite le armi non gli sarà possibile raggiungere il proprio obiettivo. Questa era la prima condizione. Io sono stato Ministro delle Finanze, sedici anni fa ed è stato allora che abbiamo iniziato un processo di rafforzamento delle nostre forze armate. E questo è proseguito fino ad ora. Seconda condizione: i capi della guerriglia per loro personalmente era importante essere persuasi che era meglio cercare la pace piuttosto che continuare la guerra. Anche questo è stato un punto al quale abbiamo lavorato gradualmente tramite interventi militari, mettendo a rischio queste persone che non avevano mai percepito di essere a rischio. E La terza condizione era che la regione, i nostri paesi vicini fossero a favore della pace. Nelle guerre asimmetriche nel mondo di oggi, se il contesto regionale non è favorevole, risulta molto più complesso raggiungere la pace. Se i paesi confinanti sono favorevoli il processo è molto più agevole, per questo quando ho assunto la presidenza, in quel momento, la Colombia si trovava in una situazione diplomatica alquanto complessa all’interno della regione, non aveva relazioni diplomatiche con il Venezuela, anzi non avevamo nemmeno un dialogo, nessun commercio ed è un paese con cui abbiamo 2500 chilometri di frontiera. Lo stesso dicasi anche per l’Equador e nella regione la Colombia era vista come una sorta di pecora nera. Quindi ho voluto imprimere un cambiamento, un’inversione di tendenza. Ho quindi allungato la mano ai miei vicini con i quali io stesso spesso mi ero scontrato.
Al presidente Chavez con cui mi ero scontrato a più riprese perché avevamo delle profonde divergenze ideologiche in molti sensi, però gli ho detto: “Guardi presidente, io e lei siamo capi di Stato, quando i leader combattono tra di loro, i popoli soffrono. Mettiamo da parte le nostre divergenze o quanto meno convogliamole nel canale diplomatico o in una via di prudenza, cerchiamo di smettere di insultarci tramite i mezzi di comunicazione e lavoriamo insieme su temi che ci interessano, come per esempio la pace in Colombia”. Lui ha accettato e quindi è diventato un alleato della pace, come il resto della regione. Una volta create le condizioni, abbiamo avviato un processo e ho cercato consulenza presso persone che avessero una effettiva esperienza in negoziati di questo genere. Abbiamo individuato una serie di persone estremamente rappresentative e di grande esperienza, provenienti da diversi ambiti".
[…] Ci siamo seduti insieme a loro per pianificare il processo, quale sarebbe stato il percorso più adeguato. […] Ricordo che hanno iniziato a darci consigli molto specifici. Mi hanno detto: “Di solito in questi processi i guerriglieri vogliono risolvere tutti i problemi del paese e metteranno a programma tutti i problemi, e questo era già successo anche nei tentativi precedenti. Questa volta limitate il vostro programma, ma con dei limiti veramente importanti attinenti alla risoluzione del conflitto”. E mi hanno detto anche: “Negoziare il programma è già un 50 per cento dei negoziati. Cerchi di negoziare con loro il programma in segreto”. E così siamo partiti. Abbiamo avviato dei negoziati segreti sul nostro programma. Questo ha impiegato circa un anno e mezzo, poco più. Era un altro modo molto importante di vedere se in questa occasione i guerriglieri delle Farc avevano davvero una volontà di raggiungere la pace, oppure se avrebbero fatto la stessa cosa che avevano già fatto in altre occasioni precedenti, ossia usare i negoziati per ottenere vantaggi militari e politici.
[…] Siamo quindi riusciti a concordare un programma su cinque punti concreti: un punto sullo sviluppo rurale integrale. […] Io ero molto interessato a investire nelle campagne, era molto importante se volevamo colmare il divario fra ricchezza e povertà, se volevamo essere un paese più giusto e più equo. Era imprescindibile investire nelle campagne. Questo era un punto in comune e abbiamo concordato cosa fare. Secondo punto: partecipazione politica. Tutti questi processi mirano a che gli insorti abbandonino le armi e continuino a perseguire i propri ideali politici all’interno della legalità. Il terzo punto sul quale io ho insistito veramente tanto, all’inizio loro hanno opposto resistenze poi hanno accettato, era quello relativo al traffico di droga. Nel caso della Colombia questo è stato il carburante e la fonte di finanziamento di tutta la violenza vissuta dalla Colombia negli ultimi 40 anni. Ed era un punto che doveva essere parte del programma, perché le Farc guadagnavano dal traffico di droga era la loro fonte di finanziamento. Una soluzione al problema della droga, negoziata con la Farc, avrebbe ridotto l’impatto di questo fenomeno, di questo flagello, di questa piaga. Il quarto punto è il punto delle vittime e a proposito desidero aprire una parentesi perché si tratta di un punto molto importante.
Questi consulenti internazionali insieme a noi e il numero di vittime, mi hanno portato in ultima analisi a prendere una decisione: focalizzare i negoziati attorno alle vittime del processo e sui loro diritti. Oggi le vittime stando agli standard internazionali, ai tratti internazionali hanno dei diritti […]. E’ per questo che prima ancora della fine del conflitto ho fatto approvare una legge molto importante in Colombia […] risarcire le vittime prima ancora della fine del conflitto […]. Il quinto punto negoziato è ciò che nel gergo degli accordi di pace è noto come tdr che è la parte meccanica di come si smobilitano, disarmano, e reintegrano nella vita normale coloro che prima imbracciavano le armi. Quindi una volta concordato questo programma siamo passati alla fase pubblica, una fase annunciata ad Oslo nell’ottobre del 2012. Abbiamo annunciato che i negoziati sarebbero avvenuti a Cuba […].
[…] Questa lampada che mi è stata consegnata oggi è la lampada che ci guiderà in questa fase attuativa che inizia la settimana prossima e che è una seconda fase. Anche essa sarà molto difficile, è necessario unire il paese, è necessario costruire la pace. Adesso abbiamo silenziato le armi, ma la costruzione della pace deve avvenire come la costruzione di una basilica, un mattone alla volta. Richiederà molto tempo, ma è una occasione straordinaria per qualsiasi paese per qualsiasi società e io ho voglia di ritornare in Colombia per collocarere quei mattoncini e costruire un nuovo paese”.
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