Regola Francescana e Costituzione Italiana
La Costituzione italiana rappresenta uno dei documenti più preziosi nel panorama della tradizione giuridica, culturale, oltreché umana del nostro Paese. Per gli italiani si tratta di una Carta fondamentale a tutela del lavoro e di quei diritti inviolabili di cui dovrebbe godere ciascun individuo – senza distinzione di razza, sesso o religione –, nonché di quei principi democratici su cui si fonda la nostra Repubblica, chiamata a rimuovere eventuali ostacoli di natura economica o sociale che possano de facto e de iure limitare la libertà e l’uguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge.
Percorrendo, sia pure fugacemente, gli articoli e i commi della nostra Carta costituzionale, spuntano alcuni temi cardinali sui quali è intervenuto persino papa Francesco: anzitutto la guerra, che va ripudiata a qualunque costo, perché costituisce il peggiore strumento di repressione della libertà dei popoli e il maggiore impedimento a eventuali tentativi di pacificazione. Quindi le pene, che debbono ricusare parimenti qualsiasi trattamento contrario al rispetto della dignità umana. L’idea di bellezza, che traspare da un testo unico e irripetibile, sia per ragioni formali sia per criteri strettamente ideologici – alla cui stesura hanno concorso uomini di grande intelletto e sensibilità umana –, rimanda a luoghi testuali lontani, benché attuali, nei quali affiorano parole di pace, giustizia e fraternità.
Per un giuoco di assonanze e di riflessi tematici, la nostra Costituzione richiama, sebbene in chiave laica ma pur sempre cattolica, la Regola di san Francesco, in un dialogo profondamente umano e solidale che muove tutte le genti all’osservanza di norme specifiche sopra le quali dovrebbe costituirsi ogni genere di assistenza (in particolare economica e morale). Sono opere grandiose, affini sotto il piano strutturale, poiché prevedono entrambe la classificazione di precetti ben precisi operanti nell’affermazione dei valori etici (e nondimeno estetici) di cui si fa portatrice la nostra Italia, tuttora in preda a lotte intestine che continuano a perpetrarsi invano.
Si scorge, in controluce, quanta parte abbia avuto la Regola di san Francesco nella formazione di una coscienza collettiva e nella costituzione di dettami (cui parteciparono altresì uomini di alto profilo intellettuale e spirituale) senza i quali sarebbe impensabile vivere in accordo con i propri simili. Essa dimostra invero quanto la concordia tra gli individui non prescinda dall’incondizionata deferenza alla rosa di dottrine giuridiche che regolano la vita in comune, nella prospettiva di una consapevole e serena accettazione delle diversità culturali e religiose. Ne esce un quadro di fratellanza ispirato a una forma di democrazia che ha assunto nel tempo significati di rilievo, seppure ricollegabili a un ideale di equità fondato sulla medesima condizione di miseria.
Resta centrale, in ambedue le opere, l’attenzione per la persona umana nei suoi rapporti con la società, con il Creato e con un Dio universale. Due testi meravigliosi, fonte d’ispirazione per laici e religiosi, e di altissimo pregio formativo giacché hanno contribuito entrambi al progresso del genere umano diffondendo a caratteri decisi messaggi di pace e di bene a tutti gli uomini di buona volontà.
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