Sanremo: Lorena Cesarini, 'Il razzismo spiegato a mia figlia'
Passa la notte, un giorno. Fari spenti per una notte e il silenzio cala sul teatro Ariston, almeno al suo interno. Fuori è altra cosa, si sa: opinionisti e televisioni, social e quotidiani ne parlano per tutta la giornata e all'immancabile bar nostrano si commenta un po’ di tutto, un po’ come avviene per le partite di calcio della nazionale che ha giocato la sera precedente. C’è chi intona la canzone del cuore e la porta con sé in autobus, fra la gente, a casa: è la magia del festival. E’ il giorno dopo la prima serata di Sanremo.
I fari si accendono nuovamente, il pubblico rientra in sala e si avvia, di nuovo, il carrozzone di Sanremo. Prima di dare inizio alla kermesse non poteva mancare, giustamente, il tributo del pubblico dell’Ariston alla scomparsa di una delle più grandi attrici italiane, Monica Vitti, volto indelebile, impresso sui fotogrammi del nostro cinema, occhi profondi che in tanti film hanno guardato la telecamera, trasmettendo emozioni che non dimenticheremo mai. E dopo il tributo, sù il sipario, per dare inizio alla nuova sequenza di cantanti, brani e ospiti: il rettangolo delle tv non ha trattenuto per sé le nuove voci ma le ha donate ai telespettatori musicali.
Ma tra le nuovi tredici voci che hanno “parlato” al pubblico, forse, una delle più significative ci è giunta - però - non da un artista in gara. Una voce che ci fa riflettere, e non poco. E’ quella della conduttrice che ha affiancato Amadeus sul palco: l'attrice Lorena Cesarini che in un monologo-confessione - ad apertura della serata - ha concentrato l’attenzione sul tema del razzismo. La Cesarini ha spiegato: “Per alcuni il colore della mia pelle è un problema”.
E, poi, legge brani tratti da “Il razzismo spiegato a mia figlia” dello scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun. Il libro è un romanzo, scritto in forma di dialogo, pubblicato nel 1998 e tradotto in oltre 25 lingue. Ma come nasce questo libro? Qualche appunto “storico-letterario” potrebbe risultare, allora, utile. Ed è lo stesso autore a fornirci la risposta: “Mentre mi accompagnava a una protesta contro un disegno di legge sull’immigrazione, mia figlia mi ha chiesto del razzismo. Abbiamo parlato molto. I bambini sono in una posizione migliore di chiunque altro per capire che non nasciamo razzisti ma a volte lo diventiamo. Questo libro, che cerca di rispondere alle domande di mia figlia, è per i bambini che non hanno ancora pregiudizi e vogliono capire meglio la realtà. Per quanto riguarda gli adulti che lo leggeranno, spero che li aiuti a rispondere alle domande, più imbarazzanti di quanto pensano, dei propri figli”.
Note e voci insieme, dunque. E fra i temi quello dell’amore rimane - in fondo - un evergreen: “L’amor che move il sole e tutte lealtre stelle” è proprio vero. Lo move e con esso commuove e ispira sempre gli artisti. E’ un dato di fatto. E il pubblico vuole sognare.
Ma c’è anche un amore che sembra quasi essere collocato in uno spazio atemporale e senza luogo: quello cantato da Irama. Brano profondo, così come la musica. Parole che hanno sapore di poesia: “Se sarai vento canterai/ Se sarai acqua brillerai/ Se sarai ciò che sarò/ E se sarai tempo ti aspetterò per sempre/ Se sarai luce scalderai/ Se sarai luna ti vedrò”. Elementi della natura che si intrecciano ad emozioni. E’ un “impalpabile” amore che guarda all’amore stesso. Cos’è l’amore? Suscita questa domanda il brano di Irama.
L’amore che reca con sé altre sue domande, in un circolo virtuoso che pone l’uomo nella riflessione della sua stessa vita: “Ovunque sarai/ Ovunque sarò/ In ogni gesto io ti cercherò”. L’amore va cercato, in ogni dove e quando. E’ come cercare Dio, perché è Lui stesso Amore, quello più alto, più sublime, più profondo. E ci pone, soprattutto, nella condizione dell’ascolto: “E nel silenzio io ti ascolterò”.
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