Pistoletto: Il senso della vita non prevede barriere
Il colloquio con padre Enzo Fortunato
Ci ritroviamo insieme con l'artista Michelangelo Pistoletto, ad Alessandria, in una delle piazze dove Francesco ha vissuto la sua predicazione, il suo incontro con la gente. Il tema è l'ospitalità. Subito sovviene a entrambi la differenza tra hospes e hostes, ospitalità e ostilità, la radice indoeuropea è la stessa. È Pistoletto il primo a ricordare la sua opera “Love the difference”, l'ospitalità si nutre dell'amore e dell'accoglienza delle differenze. L'ostilità invece le rifiuta.
Ho voluto rappresentare il Mediterraneo con questo tavolo, circondato dalle sedie donate dai Paesi che stanno sulle rive del mare, Paesi rimasti sempre un po' in lotta e un po' in amicizia. In questa fase purtroppo l'ospitalità è difficile, c'è tensione, ci sono guerre. Con questo tavolo, nei primi anni Duemila avevo creato una serie di incontri con persone della politica, dell'arte e della cultura, con cui abbiamo cercato di superare le frontiere e creare delle “ospitalità reciproche”. Reciprocità, rispetto, accoglienza, sono gli elementi che rendono possibile amare le differenze.
Mentre termina la sua risposta mi incalza: “Per la Chiesa, cosa sono le differenze e come accoglierle?”. Per noi francescani non esistono differenze. Penso a Francesco d'Assisi, nel suo incontro con i ladroni, ne mette in luce la somiglianza: “Fratelli”. Come anche il Sultano di Damietta, è prima di tutto un fratello. Il lebbroso, fratello anche lui. Chi la pensa diversamente da noi, chi vive un altro orientamento sessuale, chiunque è un fratello. Per l'uomo non esiste una legge che accentui le discriminazioni, non esiste il razzismo, esiste la legge dell'amore. Poi, gli Stati e i governi è giusto che prevedano leggi. Ma la legge dell'amore dovrebbe essere quella da cui tutto consegue. Un po' come le religioni. Che hanno un principio etico che riguarda tutti: ama il prossimo tuo.
Gli chiedo, nel suo caso, come ha tratteggiato le differenze?
Penso all'idea del forestiero. Chi viene da fuori, viene dalla foresta...abbiamo timore, paura di essere aggrediti. Ma nello stesso tempo rifiutiamo il modo di pensare, di vivere, i gusti, le abitudini e le credenze di chi arriva. Temiamo di essere corrotti, disturbati da altri pensieri. Ma è molto importante considerare che non siamo solo esseri fisici, ma esseri che portano con sé abitudini e gusti che creano tratti di civiltà. Tratti di civiltà messi a confronto nelle frontiere. E a volte, purtroppo, ci sono muri che li separano. Ancora oggi si ergono muri, ma io penso che bisogna fare delle porte!
Porte e non muri... Mi sbaglio o le sedie si rifanno anche al credo religioso che ciascun Paese esprime?
Ci sono sedie, ma anche tappeti, pouf, sedute tipiche dei posti dove non si usano le sedie. Ciò che a me interessa è infatti la diversità e la diversità comprende tutto. Ovviamente ci sono pensieri religiosi molto molto differenti, che vanno a costituire tensioni politiche molto forti. La politica approfitta di queste differenze religiose. Ci sono compromissioni molto forti che rendono difficile accettare i modi di vivere diversi.
Per i miei 25 anni di sacerdozio, mi hai donato un'opera che rappresenta san Francesco: due mani, con una scopa che pulisce. Il tutto, in un quadro specchiante, dove ci vediamo noi dentro. Qual è il messaggio?
Ripulire la cattiva vita, la cattiva strada del nostro tempo. Il messaggio è quello di oggi, come quello di ieri: avere cura. È una parola importante: vuol dire pensare e creare dei luoghi che siano ospitali, degli “ospedali”. L'ospitalità, la cura. Presentare un luogo nella maniera più opportuna e pulita. Non solo togliere le vergogne, ma pulire il proprio spirito e rendersi aperti. Togliere di mezzo le macerie.
Queste opere, qual è la cosa che hanno in comune?
Questi miei quadri specchianti sono dei varchi: la persona si trova davanti a se stessa. Sei tu. Ma mentre sei tu, c'è qualcuno che arriva, che si avvicina, che passa. Questo qualcuno entra nell'opera insieme a te. Inevitabilmente c'è ospitalità. L'artista ospita lo spettatore e lo spettatore alla fine ospita l'artista, il rapporto diventa reciproco. L'ospitalità è reciproca.
In effetti, aggiungo io, Francesco quando arriva nella casa di Alessandria, ha portato la propria condizione mentale, umana, la propria visione, se stesso. Ha donato qualcosa di straordinario a chi gli ha offerto in cambio qualcosa di altrettanto straordinario: la sua apertura, la sua capacità di condividere il pasto. Oggi come ieri, la sfida e l'impegno dell'ospitalità rimane primario.
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