Montale e la ricerca di Dio
Nelle sue poesie ricerca dell’Assoluto
Montale cercava Dio, l’Assoluto, seppur la sua famosa frase “Tante cose non so. Non sono sicuro nemmeno che il mondo esista” sembra così oscura; non - certo - carica di speranza. Questo suo scetticismo, questa sua visione terrena così radicata nel suo essere, nei suoi versi, tuttavia ha lasciato sempre spazio a un’altrettanta ostinata ricerca della fede, nella convinzione che, nonostante tutto, “la vita deve, in qualche modo, avere un significato”, così scriverà.
L’incertezza fa parte del mondo terreno, è un dato di fatto. E, a volte, sembra davvero esaustiva (se non vera) la conclusione a cui il poeta di “Ossi di seppia” arriva per poter descrivere l’esistenza umana: “una giostra d’ore troppo uguale della ripetizione banale”. Il background di Montale, in fondo, potrebbe lasciare poco al varco verso l’Assoluto: l’orrore delle due guerre mondiali; il fascismo, lo sviluppo di una società di massa che disumanizza e aliena.
Il poeta, si sa bene, è uomo in ricerca - sempre - di qualcosa, e quel “qualcosa” il più delle volte andrebbe scritto con la “Q” maiuscola, sinonimo altro di “Qualcuno”. Nel proliferare di versi, Montale - a detta di alcuni critici come Contini, o Gioanola - hanno trovato tracce di un’ansia religiosa: un animo che cammina per trovare oasi di pace.
Quella di Montale sembra essere la ricerca di un DIO, o almeno di un divino che va “oltre il tempo “non misurabile dall’uomo (come nella Bufera) ma che “forse” può dare un significato anche al dolore dell’ uomo.
Nel 1917 nel suo diario, scriveva: “Da tre giorni il dubbio mi par pazzesco, la ragione uno strumento diabolico! Davvero che la Fede è grazia e non si può averla senza una completa sfiducia nelle capriole della logica. Il dubbio è antifilosofico”.
Oscillazione, dunque, tra la logica e la Fede. Interrogativi che ritroviamo nelle sue poesie. Scriverà: “Qualche uccello di mare se ne va; /né sosta mai: perché tutte le immagini /portano scritto: più in là”. Ecco che spunta, così, velocemente un “più in là” che altro non è che sinonimo di “altrove”. Montale si muove, dunque, verso una direzione che dall'interpretazione nichilista si connota come affermazione di una ricerca del senso della vita, ossia del Mistero che la orienta e la macera, tentando di dare un significato al tutto.
Ricerca esistenziale e della parola, delle parole e della Parola. Così come avviene nella sua poesia “La lingua di Dio”, nella quale non viene esclusa persino l'opera della salvezza da parte del Verbo fatto carne per l’umanità: “Se dio è il linguaggio, / l'Uno che ne creò / tanti altri / per poi confonderli/ come faremo a interpellarlo e come / credere che ha parlato e parlerà”. Versi che dicono molto. Versi che fanno riflettere ogni lettore, e - forse - ogni ricercatore di Dio.
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