La nuova Africa raccontata dai ragazzi italiani
Il rapporto Amref sul continente
Cosa sappiamo dell' Africa? Cosa vorremmo sapere? Amref l' ha chiesto ai bambini e ai ragazzi italiani. Il loro puzzle è più ricco di quello «fossilizzato» nella mente (e nei media) degli adulti, che in tempo di Covid sembrano aver dimenticato il continente sotto al Mediterraneo. È un quadro più mosso, frutto di film, serie tv, immagini che corrono via social. Certo, la nostra impronta fatta di luoghi comuni lascia il segno anche sui più piccoli. Le parole che affiorano quando si dice loro «Africa»? La prima è povertà, seguita da bambini, sabbia, caldo, animali, scarsità. Ma sotto i cliché c' è una realtà più composita, anche negli interrogativi che lascia. Per esempio: come sono le città in Africa? «Quasi tutti i bambini ci fanno questa domanda», racconta Paola Barretta, che con altri ricercatori dell' Osservatorio di Pavia ha curato il dossier di Amref sull' immagine dell' Africa. Una mancanza che la dice lunga sulla nostra narrativa, l' Africa senza città, visto che più della metà degli africani (un miliardo e 200 milioni) vive ormai in contesti urbani.
Ma nell' immaginario resta la dicotomia che uno dei 182 intervistati, un bambino di nove anni, esprime così: «Dove c' è la natura, l' Africa è ricca. Dove ci sono gli umani, è povera». Eppure, proprio bambini e ragazzi stanno superando il ritratto fisso e bidimensionale che noi adulti tendiamo ad avere di un continente complesso e in continuo cambiamento. E questo grazie anche alle fonti stesse dell' immaginario: il cinema, le serie tv. Il rapporto ne analizza trenta, dai classici dell' animazione a film come «Il ragazzo che catturò il vento». Rispetto alle produzioni per adulti, sottolinea Barretta, quelle per i minori sono più equilibrate. I protagonisti africani o afro-discendenti presentano una maggiore ricchezza psicologica e meno connotazioni negative. Anche se paradossalmente il loro eventuale successo, come nell' ultimo «Lupin» dove il ladro gentiluomo è un senegalese, li rende meno «africani», non rientrando nel cliché «povertà, fame, scarsità». Certo, anche questa è Africa. Ma non è una condanna, e lo dimostrano anche le storie raccontate e sostenute da ong come Amref Italia. Il suo direttore, Guglielmo Micucci, invita a guardare il continente con l' apertura delle nuove generazioni: «La loro sensibilità è una base imprescindibile da cui ripartire». (Corriere della Sera)
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