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Il cammino di Francesco con un non vedente ti apre gli occhi!

Fra Riccardo Giacon
Pubblicato il 12-04-2022

Roberto, Stefano e Denni in cammino da La Verna ad Assisi

È una solida amicizia alle spalle, nata sui banchi di scuola, quella tra Roberto e Stefano, a cui si è aggiunto Denni: tre compagni che spesso condividono il loro tempo libero insieme. A gennaio programmano di fare il cammino da La Verna ad Assisi. Apparentemente una storia come le altre, ma vengo a conoscenza che Stefano ha una disabilità visiva: “A 17 anni mi avevano diagnosticato la retinite pigmentosa che mi ha portato progressivamente a perdere la vista”.

Roberto, suo compagno di scuola dalle elementari, ha seguito tutta la sua malattia e lo ha accompagnato in tante avventure: “Sono molti i momenti passati insieme, ci siamo avvicinati alla corsa con la tecnica del cordino. Abbiamo fatto anche qualche mezza maratona. Lo scorso anno a fine settembre avevamo percorso il pellegrinaggio dall’eremo di san Marco, in provincia di Montegalda dove siamo nati a san Marco a Venezia. Quest’anno volevamo andare ad Assisi a piedi”.

“Quando avevamo deciso il pellegrinaggio – ci dice Stefano, - non potevamo immaginare le variabili che avrebbero segnato il nostro cammino. Le condizioni climatiche sin dall’inizio ci sembravano avverse: il 2 aprile quando siamo partiti da La Verna aveva nevicato, poi abbiamo trovato grandine, pioggia, vento forte, nuvole alternato a qualche sprazzo di sole. E molto freddo. E in questo periodo c’è una guerra in corso…”.


“Ho fatto tutto il cammino pensando a questo conflitto – ci confida Roberto, - e mi sembrava un segno che le indicazioni del cammino di Francesco avessero i colori della bandiera ucraina, azzurro e giallo. E noi eravamo sui sentieri percorsi da Francesco, l’uomo simbolo della pace. Mi ha colpito molto questa che non è una semplice coincidenza, mi ha fatto molto pensare. Il contatto con la natura, la fatica, il freddo mi hanno fatto entrare in un mondo diverso da quello di tutti i giorni, abbiamo dovuto staccare dalla quotidianità, gustando anche il silenzio: il percorso fatto è soprattutto quello interiore. Collegare il cammino alla vita di Francesco, leggendo i Fioretti e alcuni episodi legati ai luoghi che visitavamo, è stato un continuo rimandare al suo messaggio di pace”.

“Mi piace pensare - aggiunge Stefano - che il nostro cammino e la nostra fatica, un niente rispetto a quanto stanno soffrendo i rifugiati, sia un piccolo contributo per far finire questa guerra”.


Chiedo a Stefano di descrivermi quali emozioni ha provato durante questo pellegrinaggio: “Non potendo vedere i panorami, mi affidavo alle descrizioni dei miei due compagni, la natura è così grande e sterminata, ho fiducia che un giorno possa vedere tutto quello che finora non ho potuto ammirare. Sono riuscito a fare questo cammino perché loro due mi facevano notare le asperità del terreno e mi descrivevano gli scenari attorno, che potevano essere un castello, i colori del bosco, la vegetazione che cambiava, i vari tipi di cielo che si alternavano… Adesso tutte queste informazioni le ho raccolte, le ho percepite, mi ci vorrà tempo per rielaborarle. Per me la cosa più importante è che ci siamo presi del tempo ciascuno, per pensare e riflettere, visto che nella vita quotidiana sei sempre preso da tante altre occupazioni. Qui eravamo noi tre, da soli e in mezzo alla natura”.



La forte sintonia tra i tre amici si percepisce dalla normalità con cui descrivono il loro tragitto: “Mentre camminiamo – ci dice Roberto, - cerchiamo di spiegargli nel modo più dettagliato possibile quello che vediamo, gli ambienti dove ci fermiamo. Questo ci obbliga a soffermarci sui dettagli che molto spesso diamo per scontato. A volte ci divertivamo, ingannando Stefano sui km fatti o da fare e così si stupiva meravigliato come era possibile non essere ancora arrivati alla meta. Ci prendiamo in giro a vicenda, ma anche lui sa canzonare tutti, lo faceva anche alle scuole superiori. Al di là dei tanti passaggi e momenti difficili come nell’attraversare i torrenti o nell’affrontare una salita o una discesa, che per un cieco non sono per nulla facili, quello che rimane è l’aver vissuto questa esperienza insieme tra di noi. Arrivare ad Assisi, è stata una soddisfazione. Ci sarebbe bisogno di restare un’altra settimana per metabolizzare il cammino, ma la vita quotidiana ci chiama”. “Però – precisa Denni, – ritorniamo alla vita normale con un altro spirito perché questo cammino ci ha dato tanti motivi di riflessione”.

L’ultimo pensiero di questa intervista ce lo regala Stefano e vale per tutti: “Tante persone sono nella mia condizione, ciascuno affronta le sfide in modo diverso a partire dal suo carattere. Ho imparato però che la cosa importante non è chiudersi, ma avere una buona rete di relazioni. Quando ci sono iniziative a cui Roberto e Denni mi invitano, cerco di partecipare. E così quando parliamo loro mi fanno il loro punto di vista io il mio, ed è un arricchimento continuo”.

 

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