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I dispersi della Dad: 200 mila ragazzi in fuga dalla scuola

Ilaria Venturi e Corrado Zunino Pixabay
Pubblicato il 17-05-2021

Allarme abbandono scolastico dopo due anni con il virus

«Non so dove siano finiti gli studenti, abbiamo scritto alle famiglie ». In mancanza di dati pubblici nazionali, il preside Guido Campanini, alla guida di un istituto tecnico di Parma, prova a illustrare che cosa sta facendo la pandemia alla sua scuola in Emilia. E all' intera scuola italiana. I primi numeri per la comprensione di un fenomeno, la dispersione scolastica e il ritardo nell' apprendimento, che rischia di tagliare le gambe a tutto il Paese, vengono offerti dai privati caritatevoli. La Comunità di Sant' Egidio, dopo aver ascoltato 2.799 ragazzi delle sue "scuole di pace", centri di recupero pomeridiani per studenti delle elementari e delle medie organizzati in ventitré città, ha certificato che a settembre 2020, ripartenza del secondo anno pandemico, il 4 per cento dei bambini-adolescenti non era tornato a scuola. Sono 160 mila su circa 4 milioni. E il 20 per cento, qui arriviamo a 800 mila scolari in numero assoluto, aveva accumulato troppi giorni di assenza. Sessanta assenze è la soglia d' allarme, quegli ottocentomila erano, e sono, a rischio abbandono. Il lavoro ha preso in considerazione il primo periodo dell' anno scolastico in corso, settembre-dicembre. E un' indagine Ipsos per conto di Save the children aveva già evidenziato che, nel 28 per cento delle classi superiori, ogni studente aveva avvistato - da marzo 2020 a gennaio 2021 - l' addio di almeno un compagno. Qui, i ragazzi arresi, sono altri 34mila. La somma delle due indagini porta a contare 200mila studenti usciti dal circuito scolastico dalla primaria alla media superiore.

La promozione dannosa Sono molti, pericolosamente molti, i discenti che abbiamo perso per strada. E li abbiamo persi per diverse ragioni. C' è chi, poco stimolato nella normalità scolastica, ha vissuto l' esenzione 2020 dalla bocciatura come un salvacondotto per chiudere i libri: è stato travolto, soprattutto dalle materie tecniche. C' è chi aveva una cattiva connessione, chi doveva chiedere lo smartphone al papà: le famiglie basso-reddito, nel caso. Chi, semplicemente, si è smarrito nella solitudine e, la cosa peggiore che racconteranno i dirigenti scolastici, chi non ha retto lo stop and go , l' apri e chiudi della classe, l' assenza di continuità e certezze. L' aver contratto, in alcuni casi, il Covid. Tra tutti questi ci sono molti studenti "capaci e meritevoli": sono precipitati nell' autostima e, a ricasco, sui voti.

L' Italia, dato fermo al 2019, viaggiava su una percentuale di abbandono scolastico del 13,5 per cento, in forte miglioramento nelle ultime stagioni, ma in ritardo sulla media europea (10 per cento). Il problema è che le 30-34 settimane di lockdown scolastico a variabilità regionale - ci sono primarie che in Campania hanno fatto 36 giorni di presenza in tutto - rischiano di rimandare indietro gli scolari e la scolarità italiana. Solo lungo il percorso degli ultimi cinque anni di superiori, d' altro canto, si sono persi in 160.000. Il tasso di dispersione, tenendo conto degli ultimi dati, arriva al 27 per cento. Si torna al livello di sette anni fa.

Denunciati 146 genitori Città fragili come Gela, provincia di Caltanissetta, hanno soglie di dispersione del 40 per cento, un disastro: qui la pandemia ha inciso sulla sopravvivenza di alcune famiglie e la malavita è passata a reclutare i figli dei genitori senza speranza. A Vittoria, provincia di Ragusa, in due successivi controlli realizzati ad aprile i carabinieri del comando provinciale hanno denunciato 146 genitori che non mandavano i figli, iscritti in un istituto elementare, a scuola la mattina. La questione dispersione negli ultimi sedici mesi si è affacciata, tuttavia, in una provincia ricca come quella di Parma. Campanini, dirigente del tecnico Bodoni, cerca disperato i diciannove studenti scomparsi (sui 700 dell' istituto). «Qualcuno è rientrato, questi sono usciti dai radar. Chi già faceva poco ha fatto ancora meno. Chi non aveva motivazione per lo studio, ma comunque veniva in classe per vedere la ragazza o mettersi d' accordo per il calcetto, ora ha perso ogni stimolo. La dispersione nei professionali, già alta, è schizzata. Non ci sono colpe, c' è stata una pandemia». La desertificazione culturale va di pari passo con l' impoverimento economico. Non è l' unico motivo, ma nel secondo trimestre 2020 la quota di giovani di 15-29 anni che non studiava né lavorava (i neet cantati dai Cccp di Giovanni Lindo Ferretti) è salita al 23,9 per cento dal 21,2 di un anno prima. Il divario con il resto d' Europa è salito a 10 punti.

In Puglia, e qui i dati li ha raccolti la Uil, si sono persi undicimila ragazzi. Nel Lazio tra dicembre e gennaio si è superata quota venti per cento, sette punti in più della scorsa stagione. Rocco Pinneri, direttore dell' Ufficio scolastico regionale, dice: «Molti non prendono il diploma e cominciano a lavorare». Cristina Costarelli, lei dirigente del liceo scientifico Newton di Roma: «Crescono la depressione, l' ansia da prestazione, vediamo ragazzi che non trovano più il coraggio e la forza di andare a scuola». All' istituto comprensivo Rosetta Rossi, Primavalle, frontiera della capitale, quattro bambini sono stati riportati sul banco. «Due alunni sono seguiti con didattica domiciliare », spiega il dirigente Flavio Di Silvestre, «e altri due, presi da fobia scolastica, vanno in Dad nei momenti di crisi». Sono duecento gli alunni in difficoltà in Italiano e Matematica, qui, e per quaranta bambini si è alzato lo sportello psicologico. Cinque anni per il recupero I presidi sono allarmati dalla perdita di competenze, la dispersione implicita. Gian Paolo Bustreo, alla guida dell' Istituto d' istruzione superiore Rolando da Piazzola a Piazzola sul Brenta (Padova), dice: «Sugli apprendimenti i segnali sono tendenti al rosso. Prevediamo un arretramento, il suo recupero è la vera sfida per noi». 

In un lavoro sviluppato dall' Ufficio scolastico del Veneto, si attesta che la provincia con il tasso di dispersione più elevato è Rovigo. In Lombardia, Pavia e hinterland viaggiano sul 25 per cento. Si stima che, in assenza di interventi, la perdita di apprendimento equivarrà a 0,6 anni di scuola e aumenterà del 25 per cento la quota di bambini delle medie al di sotto del livello minimo di competenze. I testi del ministero già evidenziano un lavoro di recupero da fare per cinque anni di fila. D' altro canto lo hanno detto gli stessi protagonisti, sempre a Save the children. Uno studente su tre oggi si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e quattro su dieci dichiarano di aver avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare. Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31 per cento), incerti (17 per cento), preoccupati (17 per cento), irritabili (16 per cento), ansiosi (15 per cento), disorientati, apatici. Scoraggiati. A proposito del rovinoso "apri e chiudi", Maria Rosaria Rosmarino, preside dell' Istituto comprensivo Borgonuovo di Sasso Marconi nella provincia di Bologna, dice: «Questi ragazzi si sono persi nel bosco, hanno trovato un albero per mettersi al riparo, ma quell' albero gli è stato tagliato ». La Dad a singhiozzo, vera colpa del precedente esecutivo. Non sarà il Piano estate a ridare conoscenza organizzata ai nostri ragazzi. Ci si affida, piuttosto, al miliardo e mezzo di euro che il Recovery Fund porterà sul tema dispersione. Da qui al 2026.  (La Repubblica)

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