religione

Primo maggio, un inno al lavoro dignitoso

Redazione
Pubblicato il 01-04-2021

La chiesa ricorda san Giuseppe artigiano

La festa liturgica di San Giuseppe artigiano è stata istituita da Pio XII il primo maggio del 1955. “Gradite, diletti lavoratori e lavoratrici, questo Nostro dono? Siamo certi che sì, perché l'umile artigiano di Nazareth - aveva affermato il Pontefice in quel giorno - non solo impersona presso Dio e la Santa Chiesa la dignità del lavoratore del braccio, ma è anche sempre il provvido custode vostro e delle vostre famiglie”. Quella di San Giuseppe, patrono dei lavoratori, è una testimonianza che in questo tempo, funestato dalla pandemia, ci ricorda la forza della pazienza per vincere problemi e avversità. In occasione dei 150 anni del Decreto Quemadmodum Deus, con il quale Pio IX ha dichiarato San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica, Papa Francesco, con la lettera apostolica “Patris Corde”, ha indetto uno speciale Anno di San Giuseppe, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021. Sullo sfondo di questa lettera, c’è la crisi da legata al Covid-19 che - scrive Francesco - ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta,  infondono speranza.ù

Dignità del lavoro

Nella lettera “Patris Corde” Papa Francesco sottolinea, in particolare, che da San Giuseppe “Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro”. “In questo nostro tempo, nel quale il lavoro sembra essere tornato a rappresentare un’urgente questione sociale e la disoccupazione raggiunge talora livelli impressionanti, anche in quelle nazioni dove per decenni si è vissuto un certo benessere - scrive il Papa - è necessario, con rinnovata consapevolezza, comprendere il significato del lavoro che dà dignità e di cui il nostro Santo è esemplare patrono”. "La perdita del lavoro che colpisce tanti fratelli e sorelle, e che è aumentata negli ultimi tempi a causa della pandemia di Covid-19, dev’essere un richiamo a rivedere le nostre priorità". "Imploriamo San Giuseppe lavoratore - si legge ancora nella Patris Corde - perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia senza lavoro". La bottega di San Giuseppe è dunque un esempio che travalica secoli e millenni. Un modello che giunge fino ai nostri tempi per ricordare il senso più autentico del lavoro, la dignità del lavoro. 

La Bibbia e i lavoratori

Nella Bibbia si scorgono anche mestieri e lavoratori. Quello del falegname, come ricorda Silvia Giovanrosa, non era uno dei mestieri più diffusi in Palestina al tempo di Gesù. A questo artigiano spettava il compito non solo di produrre manufatti in legno quali tavoli, sedie ed altri arredi. Produceva anche travi, assi e strutture in legno necessarie per la costruzione degli edifici. In quel tempo, il mestiere più diffuso era quello del contadino. Erano lavoranti a giornata il cui orario di lavoro andava dall'alba al tramonto. I primi apostoli chiamati a raccolta da Gesù erano pescatori. Pietro Andrea Giacomo e Giovanni gettavano le reti nel lago di Tiberiade, la pesca di mare era lasciata ai Fenici. "Vi farò pescatori di uomini", disse loro Gesù. Quello del pescatore infatti era un mestiere che richiedeva, pazienza, attesa, vigilanza anche nella notte più buia per poi, al momento giusto, gettare le reti. Vi erano poi mercanti, artigiani fabbri, vasai. Gli scribi potevano insegnare nelle sinagoghe, i pubblicani erano esattori delle tasse. Altri lavoratori ricordati nella Bibbia erano pastori. Vivevano ai margini della società. Erano considerati impuri e persone poco affidabili perché vivevano a contatto con gli animali. Fornivano la carne per i sacrifici nel Tempio al quale però non potevano accedere. Erano considerati dei messaggeri: spostandosi nei vari villaggi, portavano anche le notizie. Non stupisce quindi come per vocazione siano stati loro i primi ai quali sia stata affidata la buona novella della nascita di Cristo. 

Botteghe di ieri e di oggi

Quella di San Giuseppe è una delle tante botteghe che nel corso della storia, e anche in questo tempo scosso dalla pandemia, tramandano una sapienza artigianale. Un sapere che diventa cultura del lavoro, una fonte di conoscenza da trasmettere alle nuove generazioni. Anche oggi gli artigiani sono una parte fondamentale della produzione. In Italia, in base a dati diffusi dall’Inps, nel 2019 gli artigiani erano oltre un milione e 600 mila. Spesso si tratta di piccole imprese a livello familiare, ma molte stanno chiudendo a causa della pandemia e della conseguente crisi economica. (Leggi l'articolo integrale su Vatican News)

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