religione

Le ombre di un mondo chiuso

Felice Accrocca Epa - Justin Lane
Pubblicato il 12-04-2021

La società si sta sempre più chiudendo in se stessa, col rischio di generare individui più cattivi 

L’enciclica Fratelli Tutti si rivela rivoluzionaria sin dal titolo, che nell’affermare una fratellanza comune denuncia, al tempo stesso, che essa è smentita nei fatti. Come a dire che l’enciclica, nell’affermare ciò che siamo, dice anche ciò che non siamo, poiché “le ombre di un mondo chiuso” (cap. I) mettono sotto i nostri occhi una realtà spesso amara, una società nella quale tanti sogni sono andati in frantumi e si naviga a vista, senza un progetto vero, privi di una rotta comune, con squilibri crescenti. Un mondo nel quale – illusi dalla comunicazione virtuale – ci si chiude progressivamente in se stessi e si diventa, volenti o nolenti, anche più cattivi, spinti a gridare la propria rabbia sui social, a sfogarsi a danno di poveri cristi che hanno l’unica colpa di voler fuggire da una vita difficile in cerca di un futuro migliore. L’icona offerta da papa Francesco è quella del samaritano (Lc 10,25-37) che vede con gli occhi del cuore, quegli stessi che erano mancati al sacerdote e al levita, che pure avevano visto l’uomo aggredito dai briganti e riverso al ciglio della strada, ma erano andati oltre, chiusi in se stessi, con la mente e il cuore rivolti ai propri problemi e ai propri affari. C’invita perciò, il Papa, a pensare e generare un mondo aperto, solidale, nel quale i diritti dei popoli siano pensati e perseguiti a partire dagli ultimi, da quelli che non hanno tutele e nessuno difende. Per fare ciò è necessario dotarsi di un cuore nuovo, che solo il Signore può darci (Ez 36,26), aperto al mondo intero. 

Ma è necessaria pure una politica nuova, capace nuovamente di pensare, non più subalterna dell’economia, o meglio della legge del profitto. Una politica che rovesci la piramide, partendo dai più poveri e dalle periferie, lotti contro la concentrazione della ricchezza e punti a diffondere il benessere. Una politica che promuova la pace quale “convivialità delle differenze” (Tonino Bello) e lotti seriamente contro la pena di morte, rispetto alla quale “la Chiesa si impegna con determinazione a proporre che sia abolita in tutto il mondo” (Fratelli tutti, n. 263). In questo percorso, le religioni – a cominciare da quelle sorte dal ceppo di Abramo – devono impegnarsi in un percorso di valorizzazione delle differenze, che chiede anzitutto accoglienza e rispetto reciproco. È per questo che, “come cristiani, chiediamo che, nei Paesi in cui siamo minoranza, ci sia garantita la libertà, così come noi la favoriamo per quanti non sono cristiani là dove sono minoranza”. Nel cammino verso la pace, infatti, è necessaria “la libertà religiosa per i credenti di tutte le religioni” (Fratelli Tutti, n. 279). Spingendoci a riflettere sul tema della fraternità, l’enciclica si rivela provvidenziale in un tempo nel quale un virus insidioso ci spinge, inconsapevolmente o meno, a vedere negli altri dei potenziali nemici. Ed è significativo il fatto che papa Francesco abbia tratto ispirazione dalle Ammonizioni di san Francesco, che Kajetan Esser definì come “la Magna charta di una vita di fraternità”: poiché l’uomo che si chiude a Dio, rifugiandosi nel proprio io, si chiude pure ai fratelli.

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