religione

La notte dell'amore fedele, fragile e tradito

Padre Enzo Fortunato, Corriere della Sera Archivio fotografico Sacro Convento
Pubblicato il 04-04-2021

L’amore, per essere completo, include cristianamente ciò che potrebbe essere non amato

L’amore, per essere completo, include cristianamente ciò che potrebbe essere non amato: chi ci ha fatto del male o ce ne sta facendo, come Cristo che dalla croce invoca il perdono per i suoi carnefici, «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc. 23,33-34). Un amore inchiodato al patibulum, sofferto e deriso da quell’iscrizione vergata con il capo di imputazione, Gesù nazareno re dei Giudei, in latino, la lingua ufficiale, in greco, la lingua internazionale e nell’ebraico locale; nei secoli diverrà INRI, Jesus Nazarenus Rex  Iudeorum

Una scena macabra, cruenta che ci racconta, però, la forza dell’amore donato in quel giorno di aprile dell’anno 30, un amore perfetto, divino, che fa scomparire le sofferenze e la paura della morte. Sul piano umano l’amore è diverso. Traduce la fallacità della natura dell’uomo e può essere fedele, fragile e tradito. Tre espressioni incarnate da altrettanti discepoli di Cristo, Giovanni, Pietro, Giuda. Figure che rimandano, lette attentamente, alle modalità dell’amore umano: “In quel tempo, mentre era a mensa con i suoi discepoli, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: “Signore, chi è?”. Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò”.  (…) Pietro disse: “Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «“Darai la tua vita per me? (…) non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte”».

Alla luce di queste righe, intense e drammatiche, si staglia la figura di Giovanni, espressione di un amore fedele. Rappresentato nell’iconografia classica con la testa poggiata sul petto di Gesù. Una fedeltà che Giovanni stesso racconta indirettamente nel suo quarto Vangelo. L’apostolo sarà colui che correrà più veloce di tutti per raggiungere il sepolcro. Pochi giorni prima, ai piedi della croce, aveva preso Maria in casa con sé, segno di intimità e fedeltà.

La seconda figura è quella di Pietro. E’ l’amore che si infrange nelle difficoltà della vita, nella prova, dinanzi alla paura. L’amore fragile. Che sa pentirsi e sa ricominciare. Dopo essersi accorto del suo triplice tradimento, pianse amaramente. Sovvengono le parole di Michelangelo Buonarroti che con una felice espressione si racconta: "Desti a me quest'anima divina e poi la imprigionasti in un corpo debole e fragile". È l’esperienza del limite, del pentimento.

E infine Giuda. L'Evangelista annota: “In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”. Per trenta denari vende il Maestro ai suoi nemici. Dante mette all'inferno i traditori dell'amicizia, i traditori dei parenti, i traditori dell'umanità. Li mette nel lago ghiacciato del Cocito, il lago ghiacciato dell’inferno. Tra questi traditori vi è l’Iscariota, che troviamo nel XXXIV canto dell’Inferno: “‘Quell'anima là sù c'ha maggior pena’, disse 'l maestro, ‘è Giuda Scariotto, che 'l capo ha dentro e fuor le gambe mena’”. Nel punto più basso dell’inferno c’è il ghiaccio, la freddezza, il calcolo. Il fuoco a dire il vero è in Paradiso, nel punto più alto. 

Figure che ci parlano, ancora oggi. Figure grazie alle quali rivediamo la Chiesa, la società e la nostra umanità. Umanità impastate di fedeltà, fragilità e tradimenti. Qual è la differenza con la condanna senza appello di Giuda? Da una parte c’è chi si lascia travolgere dalla disperazione, dall’altra chi matura la consapevolezza del proprio limite. La differenza è tutta qui. Nell’esperienza di una qualsiasi notte che si apre alla luce o si lascia imprigionare da essa. Miguel de Unamuno y Jugo, scrittore e poeta spagnolo, scrive: "È bella la luna solitaria, la bianca luna nella notte stellata, nera come la folta chioma nera del nazareno. Bianca luna come il corpo dell'Uomo in croce, specchio del sole di vita, di chi mai non muore. I raggi, Maestro, della tua dolce luce ci guida nella notte di questo mondo bagnandoci con la speranza dura di un giorno eterno. Notte amorosa, madre dei dolci sogni, madre della speranza, dolce notte, notte buia dell'anima tu alimenti la speranza in Cristo salvatore”. Cristo poteva vendicarsi, ma ci ha reso felici insegnandoci il perdono. Donandoci la Resurrezione.

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