Charles de Foucauld e Francesco, anime in ricerca
Come l'Assisiate, anche Charles ha seguito la voce di Dio
Chi più e chi meno tutti lo cerchiamo: Dio. L’Altissimo che rimane - comunque e sempre - mistero. Per tutti gli uomini. Eppure una voce ci chiama, ci attrae a lui. E’ la voce dell’anima, della nostra coscienza, del nostro personale contatto con il Cielo, con i fratelli, con l'Eucaristia. Una proiezione verso l’Infinito di cui non riusciamo a scorgere gli orizzonti. In fondo, questa ricerca fu la voce che sentì san Francesco, all’inizio della sua missione sulla terra. E, possiamo ben dirlo, anche questo rimane un mistero. E gli scrittori, i teologi, insigni professori -a loro volta - anche loro alla ricerca di entrare nel mistero di Francesco. Possibile riuscirci? Difficile, se non impossibile. Anche questo interrogativo, alla fine, non può che rimanere mistero. È mistero sia, allora. Spostiamo il nostro punto di vista, ora, su un altro uomo. Un uomo che il prossimo 3 maggio diverrà santo. Si chiamava Charles, Charles de Foucauld.
Charles con quel “de” del cognome ci dice tanto. Era di origine nobile, dunque. Non gli mancava nulla. Denaro e palazzi, abiti e cibo. Si potrebbe ben definire, la sua, una “vita piena”. Era visconte di Pontbriand, in una Francia di metà e fine ottocento. Nel 1876 entrò all'École Spéciale Militaire de Saint-Cyr. Due anni dopo, alla morte del nonno, ricevette un'ingente eredità che dilapidò in poco tempo. Il discorso si fa alquanto intrigante in questo nostro parallelismo - che nasce così naturaliter - fra Charles e Francesco. Due militari. Due ragazzi pronti per la carriera militare. Armi e denaro, carriera e “fascino della divisa”. Sembra davvero che la storia si ripeta, a distanza di secoli.
Pur essendo battezzato, Charles non aveva mai vissuto una vera e propria vita di fede, eppure - nel mistero della chiamata - iniziò un cammino spirituale che - agli inizi del 1889 - lo portò in Palestina, a Nazaret. Rimase affascinato da quella realtà e comprese di essere chiamato a vivere come "viveva la Santa Famiglia di Nazaret". Un luogo ben preciso per fratello Carlo, la Palestina. Da quel luogo comincia la sua peregrinatio corporis, ma - soprattutto - la sua peregrinatio animi. Il suo animo anela al Cielo. Lo desidera, lo vuole. Lo cerca, soprattutto. Così come ha fatto san Francesco. Il luogo è diverso per il Poverello di Assisi- parliamo di san Damiano - ma l’animo di Charles poco si distacca dalla storia dell’assisiate.
Charles chiamava i suoi “seguaci”, “fratelli”. Sul cuore stampato sulla sua veste, vi era una croce. Definizione simbolica di una visione “intelligente” di Dio. Il cuore e la mente nella sua vocazione hanno avuto un ruolo fondamentale. I due “organi” hanno suonato mirabili opere del Signore. Hanno voluto seguire quella Croce stampata sul petto. San Francesco d’Assisi ha vissuto la Croce, divenendo un tutto con essa. De Foucauld ha lasciato una vita colma di tutto, ma priva del Tutto. Il Poverello ha voluto spogliarsi del niente, per seguire, entrare nel Tutto. “Quanto più abbracciamo la Croce, tanto più fortemente stringiamo Gesù che vi è appeso”, scriveva così Charles de Foucauld. Parole che sembrano dettate da Francesco di Bernardone, un giovane promettente militare che ha seguito - poi - la voce di Dio. Quella stessa voce che ha parlato a fratello Charles. Ora, il 3 maggio con la canonizzazione si incontreranno in Paradiso e così parleranno dei loro viaggi, magari. Viaggi definiti nei sentieri di Dio.
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