fede

Covid19. Padre Mauro: 'Usciremo da questa sfida provati'

Padre Mauro Gambetti
Pubblicato il 26-04-2020

I tre atteggiamenti che ci augura Padre Mauro nella sua Omelia 

Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Forse tutti, tutto il mondo, oggi vorrebbe fare questa esperienza: aprire gli occhi e riconoscere il Risorto, la Vita, la vita sempre nascente per amore.

Eppure, è più facile immedesimarsi nei sentimenti dei due discepoli incamminati verso Emmaus. Pur accreditato da Dio per mezzo di miracoli, prodigi e segni, Gesù non ha liberato Israele, non ha sconfitto i nemici, non ha eliminato i conflitti all’interno del popolo o tra i capi religiosi, e non ha portato quel benessere e quell’abbondanza che Israele si attendeva. È stato sconfitto. È morto. Se ne tornano verso Emmaus, non sono arrabbiati, solo intristiti e delusi: Noi speravamo...

Similmente per noi. La Chiesa, il corpo mistico di Cristo, non ci ha liberato dalla prova. La Chiesa è in ginocchio. La sospensione delle celebrazioni con il popolo e della normale vita comunitaria, come della stragrande maggioranza delle attività caritative, ci disorienta. Ovvio, abbiamo fatto bene ad obbedire alle indicazioni del governo, ma dobbiamo essere severi nel giudicare noi stessi: quale Chiesa è emersa nella prova? Oggi è eclatante: Non siamo nella cristianità, non più! (Papa Francesco alla Curia Romana, 21 dicembre 2019). Noi speravamo… che la forma ecclesiale costantiniana e il modello liturgico tridentino, aggiornati dopo il Concilio grazie a una crescente attenzione pastorale, reggessero all’accelerazione impressa alla storia dal movimento sessantottino e dalla tecnologia. Credo che usciremo dalla prova molto ammaccati.

Poi, con l’umanità intera condividiamo il dramma della pandemia e la caduta dei miti d’occidente, del mitico ‘messia’ fatto a immagine e somiglianza delle nostre aspettative, probabilmente ferme alla nostra infanzia o all’adolescenza.

Noi speravamo… che il nostro mondo fosse oramai invulnerabile e che l’imponderabile non si sarebbe mai introdotto nel sistema. La scienza ci dava sicurezza; la tecnologia prospettava l’oltrepassamento di ogni limite umano; l’economia, seppur imperfetta, governava risorse e welfare garantendo sempre consumi e, spesso, eccessi; la spettacolarizzazione – delle vicende sociali e politiche, dello sport, dell’arte, delle emozioni, della sessualità… – riempiva, insieme ai social, le nostre pause e i nostri vuoti. Il pericolo, la precarietà e l’irreparabile facevano parte di racconti lontani nel tempo o nello spazio. E quando l’insicurezza si affacciava, bastava mostrare il pugno e ricacciarla in mare. Anche la morte stava per essere vinta, perché era sempre più vicino il momento in cui noi avremmo potuto liberamente decidere quando vivere e quando morire, affermando così il nostro infinito potere.

Che delusione! Il nostro sistema è fragilissimo, sta agonizzando. Qualcuno cercherà di rianimarlo. Ma è bene? Qualcuno sta cercando il colpevole. Serve? Il mondo è atterrito. Credo che questo dramma assomigli a quello vissuto dai discepoli di Gesù.

Vorrei allora suggerire di immedesimarci nei due di Emmaus e percorrere con loro il cammino che porta alla gioia, a riconoscere il Risorto, l’unica vera risposta al dramma dell’esistenza umana. Potesse l’anima del mondo, l’intera umanità, sintonizzarsi con le frequenze del cuore di questi discepoli!

Sottolineo tre loro atteggiamenti.

Primo: prendono le distanze dalla piazza di Gerusalemme, in cui ancora i giudei vivono gli strascichi di un tragico spettacolo, mentre restano tra loro solidali, condividono, non si isolano. Traduco così: da un lato sono insopportabili le dichiarazioni dei cosiddetti esperti, inascoltabili le idee degli avventori della politica e inguardabili le immagini confezionate dai teatranti della comunicazione; dall’altro è opportuno alimentare i legami, nelle forme possibili, mantenersi vicini e raccontarsi il vissuto.

Secondo: il loro cuore non si è ancora staccato dalle vicende che li hanno interessati. Il dramma va rispettato e custodito, affinché possa mantenere ed esprimere il proprio spessore umano. Non bisogna rimuovere con un colpo di spugna il vissuto di questi mesi, ma è bene averne una memoria viva e ripensare gli avvenimenti.

Terzo: essi sono disposti ad ascoltare e a fare amicizia, con un viandante. Sono tristi, ma toccabili. Gesù si affianca e svela il senso degli eventi. Non era forse scritto? Il Messia (e il sistema sociale da attendersi) non è quello invulnerabile, che elimina tutti i problemi dell’esistenza, incasellato nel sacerdozio levitico per garantire il rapporto con Dio, … il Messia entra nella morte amando per rovesciarvi la propria vita, è l’onnipotente nell’impotenza. D’altronde, tutto il senso dell’esistenza non lo troviamo forse quando incontriamo l’amore libero dalla possessività, ardente e puro? Non trova forse soluzione e risposta ogni afflizione, ogni disperazione e ogni morte quando un amore aperto, denso e definitivo si riversa nei cuori. Quante testimonianze abbiamo udito in tal senso e quante volte lo abbiamo sperimentato!

È morto quel ‘dio’ che è frutto delle nostre proiezioni, invece è vivo e vivificante il Dio che ci ha rivelato Gesù Cristo! Ad esempio, penso a chi si sta ancora spendendo la propria vita e morendo per gli altri; penso alle tante famiglie che in casa pregano insieme, condividono una Parola buona e condividono il pane con semplicità; penso a quegli sprazzi di spiritualità e di luce che il nostro grande Papa getta sull’oscurità del mondo…; e penso alla nostra fraternità riunita in convento, al servizio umile di coloro che si prendono cura degli altri (in specie per l’educazione) e si adoperano per l’economia, per tenere in ordine la casa, l’orto e il verde, alla laboriosità dei nostri studiosi che cercano di offrire parole di sapienza, al lavoro di chi tiene aperte le nostre chiese, anima la liturgia e si adopera per comunicare parole buone anche attraverso i media e a chi promuove la carità, l’assistenza. Riconosciamo il Risorto nei gesti dell’amore! Prepariamoci a tornare a Gerusalemme, nel luogo del dramma dell’umanità e raccontiamo ai fratelli che il nostro cuore si è aperto ed arde, perché il Signore Gesù è vivo ed è con noi fino alla fine del mondo… e tutto può divenire Amore. Ed ogni vita può rinascere!

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