esteri

Il Confine dimenticato

MONICA PEROSINO - La Stampa WOJTEK RADWANSKI - ANSA/AFP
Pubblicato il 15-01-2022

Imprigionati da filo spinato e guardie armate

Lontano dagli occhi e dal cuore dell'Europa si continua a morire sulla frontiera della vergogna. Ma morire non basta. Prima ci sono le torture con le scariche elettriche, le percosse con i bastoni e i calci delle pistole, i giochi delle guardie, che liberano i cani, e solo chi corre abbastanza velocemente si salva. Ci sono bambini separati dalle famiglie, che vagano soli nella foresta finché qualcuno non li troverà. Se qualcuno li troverà.

Sei mesi dopo l'inizio di quella che viene definita surrettiziamente una guerra ibrida del regime bielorusso alla Polonia, migliaia di vite sono ancora imprigionate e torturate al confine, in quella zona rossa che resta proibita, nonostante i proclami, alle Ong e ai media internazionali. Oltre il filo spinato della Fortezza Europa non si può passare, non si può guardare, mentre Minsk continua a spingere i migranti verso la Polonia e Varsavia li respinge. In mezzo ci sono le torture, i morti di freddo, l'orrore. In migliaia sono ancora là dentro, nella foresta di Biaowiea, imprigionati da filo spinato e guardie armate. Ventidue i corpi assiderati ritrovati dalle ong fino ad ora.

Qui, nel cuore dell'Europa, si sta consumando un disastro umanitario senza precedenti. Il segno finale della disfatta è il comunicato di Medici Senza Frontiere che dopo mesi di lavoro è stata costretta ad abbandonare: «Siamo costretti a concludere il nostro intervento in Polonia a causa del continuo rifiuto delle autorità polacche di concedere l'accesso all'area di confine con la Bielorussia, dove gruppi di persone sopravvivono a temperature inferiori allo zero, con un disperato bisogno di assistenza medico-umanitaria». Dopo Amnesty International, un'altra conferma, se ce ne fosse bisogno, che quanto dichiarato da Varsavia (nessun push-back illegale, nessun impedimento alle ong di soccorso) non è vero.

«Avevamo accesso solo alle zone esterne - spiega la presidente di Msf Italia, Claudia Lodesani - a un numero molto limitato di persone, quelle che erano riuscite a superare lo sbarramento delle guardie di frontiera, così è impossibile continuare».

Nel gelo della foresta ci sono ancora persone che hanno bisogno di aiuto, «ma nonostante il nostro impegno e volontà nell'assisterle, non siamo in grado di poterlo fare sul fronte polacco». Gli ostacoli messi sulla strada di Medici Senza Frontiere sono gli stessi che denunciano le ong polacche, in prima linea con gli abitanti dell'area proibita vicino al confine. Le lanterne verdi sono ancora accese, di notte i telefoni squillano in continuazione, chi avvista un migrante chiama le Ong che avvertono i media ancora al confine (servono testimoni).

La rete di soccorso si scambia le coordinate gps, il più vicino corre più velocemente che può. Bisogna arrivare prima della guardia di frontiera. «Siamo sempre più stanchi, esausti - dice Kornelia di Fundacia Ocalenie - lavoriamo su turni, assieme agli abitanti e a qualche sindaco di confine, ma non ce la facciamo più».

Solo 48 ore fa è stato trovato un bambino di tre anni. Vagava solo nella foresta, separato dai genitori, un cappuccio a forma di orso in testa, minuscoli scarponcini da neve ai piedi... (La Stampa)

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