cronaca

Augias, un giorno per ricordare i morti soli

Corrado Augias Ansa -MARCO OTTICO
Pubblicato il 30-04-2020

Appello per ricordare chi è stato sepolto senza un saluto

La pandemia che ci ha colpito, il virus che non è scomparso ma se ne sta in agguato per poterci nuovamente aggredire, ha tolto a molti il conforto di condividere un lutto con chi si ama. Ma ha fatto anche peggio: ci ha strappato una delle componenti fondamentali dell' antica, comune civiltà umana. Le colonne di camion militari che portavano via le salme da Bergamo svolgevano una funzione pietosa, ma guardando quei convogli il ricordo o l'associazione mentale inevitabilmente andavano a tutte le circostanze in cui le "onoranze funebri", come si definiscono in gergo burocratico, per una qualche ragione sono state negate.

Le fosse comuni nei lazzaretti, nei campi di battaglia, nei lager; le fosse comuni di chi non aveva abbastanza soldi per un seppellimento, come capitò anche a Mozart, le fosse comuni di cui c' è ancora traccia a Parigi, macabra memoria degli anni del Terrore. Una ragione c' è se in ogni epoca e in ogni cultura uno dei segni della raggiunta civilizzazione è stato il culto dei morti, l'ultimo abbraccio, la cerimonia dell'addio. Giambattista Vico ne La scienza nuova: "Osserviamo tutte le nazioni [...] custodire questi tre umani costumi: che tutte hanno qualche religione, tutte contraggono matrimoni solenni, tutte seppelliscono i loro morti". La cura delle salme, l' estremo congedo, le preghiere, il pianto condiviso, la speranza - per alcuni - che la morte altro non sia che il passaggio ad un altro e superiore livello di vita - c'è tutto questo nell' addio a un congiunto.

Ogni volta che ho assistito ad un funerale cattolico mi ha commosso la negazione della morte da parte del celebrante: tu non sei morto, tu oggi sei passato a nuova vita, così suona il richiamo. L'evocazione di una nuova nascita, il passaggio ad una vita che non avrà mai fine perché eterna. La massima consolazione che si possa dare a chi piange davanti al corpo inanimato d' una persona cara. Si tratti di sincera fiducia o di rispetto convenzionale della tradizione, il sollievo che i riti possono dare a chi resta è indiscutibile. Anche questo la pandemia ci ha tolto. Non è colpa di nessuno, ovviamente, ma il dato resta.

Fino a non molti anni fa, in Italia era praticamente proibita la cremazione delle salme; si diceva che la Chiesa cattolica si opponesse perché la distruzione col fuoco avrebbe potuto compromettere la finale resurrezione. Più comprensibile, più poetico, il divieto della cremazione nell'ebraismo: il morto deve tornare alla terra, cioè alla stessa polvere dalla quale è sorto.

Il modo di rimediare alla dolorosa mancanza del congedo ci sarebbe. Chi ha l'autorità per farlo potrebbe indicare un giorno e un'ora per evocare e onorare la memoria delle decine di migliaia di nostri compatrioti, anziani soprattutto, che negli ultimi mesi la pestilenza ha portato via. Una giornata del ricordo e del congedo che richiami alla condivisione di un dramma che ha colpito alcune famiglie, ma ci ha diminuito tutti. Se ne sono andati soprattutto quelli della generazione che questo Paese l'ha ricostruito dopo la guerra, quelli che hanno visto arrivare la Repubblica e nascere la Costituzione, quelli che per primi hanno conosciuto un po' di benessere dopo secoli di penuria.

Sarebbe bello che per uno o due minuti un certo giorno, al suono d'una sirena, gli italiani si fermassero ovunque si trovino, scendessero dalle auto, venissero alle finestre, in silenzio, muti, consapevoli, partecipando al ricordo ma esprimendo anche la fiducia che un nuovo inizio sarà, ancora una volta, possibile. (Repubblica)

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA