Voci profetiche della Bibbia che ispirano l'economia
Si ritrovano i temi di comunità, giustizia e ambiente
Grande libro della spiritualità occidentale, la Bibbia è da sempre una inesauribile fonte di ispirazione per la letteratura, l' arte e la filosofia. Ma che c' entra con l' economia? E che cosa c' entrano le voci profetiche di un Isaia o un Geremia, o il lamento di un Giobbe, con l' efferato economicismo dei nostri tempi? C' entrano eccome, spiega Luigino Bruni, economista e storico del pensiero economico, docente alla Università Lumsa e fondatore insieme a Stefano Zamagni e Leonardo Becchetti della Scuola di economia civile (Sec), con sede nel Polo imprenditorial- culturale Lionello Bonfanti di Figline Valdarno, laboratorio permanente di una cultura economica "di comunione".
Paradigma innovativo che riporta l' attenzione sull' uomo, la comunità, l' ambiente, il lavoro, considerando l' impresa un luogo in cui l' individuo si realizza, anziché alienarsi, e non a caso rilanciato da papa Francesco col recente Patto di Assisi per l' economia post- Covid. Tutt' altro che un' utopia, visto che al Polo Bonfanti fanno capo imprese di tutta Italia che operano in concreto, e con successo, su presupposti di inclusività, sostenibilità, responsabilità sociale. Niente di strano, dunque, che dal seno della Sec sia nata una Scuola di economia biblica, con l' intento, spiega Bruni, di interrogare con « uno sguardo laico e antropologico i grandi temi dell' umano sollevati dalla Bibbia agli albori della civiltà » , e trarne utili suggerimenti di fronte ai problemi attuali. Nel caso di Giobbe, per esempio ( di cui si tratterà nel nuovo corso on line La sventura di un uomo giusto, da sabato 9, info: www.edc-online.org; info@edicspa. com, i precedenti su Genesi, Esodo, e sui Profeti), « i temi della gratuità, della meritocrazia, degli incentivi nella vita e nel lavoro, del valore economico della cura».
Se è vero, ricorda Bruni, che il primo paradigma economico della storia umana è quello del " commercio" con gli dei, cioè del sacrificio inteso come "moneta" con cui ridurre un debito, o creare un credito, con la divinità, ecco che Giobbe, uomo ricco, giusto e pio caduto vittima di una scommessa fra Dio e Satana, appare l' eroe di una sfida, e di una ricerca: « Contro la visione di un Dio " commerciante", con cui " trattare" la propria condizione», dice Bruni, il biblico bestemmiatore apre, nel dramma della sua rivolta contro Jahweh, « all' idea di un Dio della gratuità, che opera a prescindere da colpe, debiti e prezzi da pagare». Figura del sofferente di ogni epoca e ogni latitudine, Giobbe « difende l' uomo, piuttosto che Dio, di fronte a un ipotetico processo alle " colpe" divine » , e dunque « il povero e l' ultimo dal sospetto di essere tali per colpa e demerito » , mostrando male e sofferenza « come condizione stessa del vivere, non spiegabili alla luce di una qualche giustizia retributiva » . La meritocrazia, insomma, ci dice la Bibbia, non rende il mondo più giusto, ma, al contrario, « legittima l' etica della diseguaglianza e lo scarto delle persone (e delle imprese) meno dotate ».
Altra categoria da rivalutare, alla luce della storia di Giobbe ( cui Satana toglie tutto per dimostrare che la sua generosità non era gratuita, ma legata al suo benessere), è il concetto di gratuità, oggi usato come abbellimento di un sistema malato, e che andrebbe invece messo al centro di una economia davvero "civile". E che, ricorda Bruni, «non significa affatto "a prezzo zero"», come oggi si crede quando, ad esempio, si sfruttano il volontariato, o la disponibilità a lavorare a qualunque prezzo, «bensì, "impagabile", e dal prezzo "infinito"». (Repubblica Firenze)
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