Francesco, per lui nessuno è nemico
Francesco, il Poverello, non era per come se lo immaginano tutti, o per come lo raccontano quelli che lisciano il pelo dal verso giusto, no: era meglio. L’Ordine, infatti, dove tutto procede secondo obbedienza e militia non è la culla di quelli che cantano a Sanremo, ma la tana di padre Pio, il più ruvido incazzoso he mai calendario abbia potuto accogliere.
Fra Galdino che faceva la cerca delle noci è un esempio, fra Cristoforo dei Promessi Sposi l’altro esempio, perfino Totò e Macario nel Monaco di Monza sono esempi, ma quelli che fanno gnao gnao al mondo quando detta la moda, no.
Era perfino nemico in concorrenza ma amico in essenza dell’Islam tanto è vero che di tutti i suoi viaggi in Saracenia, ne ricavava non solo fruttuosi colloqui con il Sultano, ma anche un’idea, anzi, una suggestione. Per esempio: non è che l’uso del saio e la costituzione dell’ordine dei poveri non fosse altro che una trasposizione cristiana del sufismo? Tale e quale. Attilio Mordini che con eufemismo potremmo definire germanista ma anche sincero terziario francescano, un cristiano di squillante sincerità, così scriveva in un saggio sul Jihad di Francesco: “Restaurava, nella sua guerra santa, il senso della tradizione occidentale, infatti, tanto il saio o sagum (celtico sàgos) quanto il cilicio erano per i Romani indumenti di guerra; col primo termine si indicava il mantello del soldato in contrapposizione alla toga che era abito di pace, e col secondo la corazza leggera tessuta di crine. Se il cilicio del soldato aveva da sostenere l’impeto delle frecce, quello del monaco doveva sostenere gli assalti di Satana troppo spesso favoriti dai morbidi indumenti del vestire mondano”.
Tale e quale la lana dei sufi. In letizia con gli affanni del mondo, Francesco risolveva nel sorriso del Padre l’amore di madonna Povertà. Tale e quale ai sufi. Lui, infatti, della Povertà fece la sua madonna raccomandando ai suoi, Lei, “la donna sua più cara”, comandando “che l’amassero a fede”. Il ritorno alla Povertà non è la miserabilità della taccagneria, ma la gioia scarna nel ringraziamento costante verso i novantanove attributi di Dio. Tutti coloro che si mettono alla sequela di Francesco, sanno di dovere apporre al cordone un bacio per ogni nodo, e cioè un bacio per il nodo di Povertà, uno per quello di Obbedienza e uno per quello di Castità. Oltre i francescani, oltre i conventuali, potenti in Povertà ci sono i cappuccini, fedeli al fondamento della “portincula”, quella che è porta sì stretta “che per passarvi occorre farsi minori, è la cruna d’ago per quale passano ricchi cammelli se non per miracolo dell’infinita Clemenza e Misericordia dell’Altissimo”.
L’Ordine di Francesco è chiaro, e sia di memoria per gli avventati turisti dello spirito del tempo: portare nel mondo la grande guerra e la piccola. Tale e quale, la distinzione tra il piccolo e il grande Jihad. “Un segno ben chiaro - scrive Mordini - della visita di San Francesco al Soldano Malek-al-Kamil in Egitto nel 1220”. Francesco Gabrieli, nel saggio “San Francesco e l’oriente islamico” conferma la suddetta affinità: “La cortesia e la generosa benignità di al-Kamil verso il fraticello evangelizzatore si riflette nella leggenda, degli Actus e dei Fioretti che ne derivano, sul battesimo che il Sultano ayyubita avrebbe ricevuto in punto di morte da alcuni frati minori, secondo una predizione e promessa di Francesco stesso”.
Francesco non è il santo dell’ecologismo, non è il santo dell’umanismo, non è il santo degli atei irenisti. Sociale tra i sociali, è l’alter Christus, per cui “non può dirsi quando è visto, se è Francesco oppure Cristo”. Stabilisce, Francesco, un legame con la vita, gli animali e gli umani, a prescindere dal sangue, al di là della fraternità, ma nella fratellanza guerresca.
Tutto è chiaro, c’è il bene e c’è il male. Francesco fa guerra al male ma per lui nessuno – a eccezione di Satana – è nemico. Ed è il far la guerra con le armi dell’avversario, quella forma di carità che unisce il nemico all’amico. Oltre la crociata, confrontandosi con “la gente turpe” assetata di sangue, i francescani che arrivano nel Maghreb s’immergono nello stesso mare nostrum tra errore, orrore ed eresia. E’ goccia d’acqua che si dimentica in una grande quantità di vino. Tale e quale l’affidamento. Tale e quale il sufismo di Al-Gazali: illuminazione mistica e povertà.
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