Etica e scienza a confronto: attenzione al mito di Faust
Il pericolo di un uomo nuovo slegato alle leggi e alla storia
Se dovessimo tradurre il rapporto tra etica e scienza potremmo dire che la scienza ha gli occhi e gli strumenti per ridurre il territorio dell' ignoto e del mistero, mentre il moralista è privo di tutto, altro non avendo a sua disposizione che le tavole degli antichi testamenti. Non basta, il moralista giuoca su un tavolo solo, che è quello della tradizione, al contrario lo scienziato si muove su diversi piani e lo nutre lo spirito della conoscenza e della scoperta. La storia si potrebbe scrivere confrontando il senso della forza della scoperta con il patrimonio delle certezze tramandate e rispettate. Come tutti sanno, a poco a poco e ogni volta è stata la morale a modificare, correggere, ad aggiungere qualcosa che era rimasta chiusa nel segreto e gli scienziati avevano per conto di tutti scoperto e notificato. Ma questo quadro regge fino a quando lo scienziato non si sente abilitato a tentare tutte le operazioni, finché non resti vittima del mito di Faust. È, dunque, sull' uso che la scienza può fare delle sue scoperte che il moralista negli ultimi tempi si è sentito in dovere di gettare in alto la sua voce di protesta. E questo perché la tentazione dello scienziato non è mai stata così forte, perché allo spirito di scoperta si è cercato di aggiungere o di sostituire lo spirito di invenzione assoluta e di creazione.
Il pericolo è che si arrivi in un futuro non lontano alla creazione di un uomo nuovo, sottratto alle nostre leggi e alla nostra storia. All' esercito anonimo e sterminato degli uomini ancora assoggettati al mistero, la nuova scienza contrappone un altro esercito - non sappiamo ancora di quali proporzioni - di superuomini, non più vittime ma padroni, esattamente come lo erano stati e sono i padroni della ricerca della scienza. Ma si attuerà mai questo sogno e soprattutto quale ne sarà il costo? Quante vittime suppone e calcola lo scienziato sognatore? A quali discriminazioni si arriverà alla fine? Se ci limitiamo al presente e a quel poco che siamo in grado di capire, certi costi devono essere pagati. Per esempio, il moralista che procede seguendo il suo codice non può esimersi dal prendere atto di alcuni episodi, che toccano la medicina fetale, gli interventi protettivi che in realtà non sono che delle eliminazioni di creature viventi. Lo scopo è quanto mai efficiente e nobile, eliminare sin dagli inizi gli errori della natura ma chi potrebbe sostenere che, accanto all' attivo, non ci sia un passivo di questo bilancio delle «magnifiche sorti e progressive»? Ecco perché a molti sembra opportuno distinguere fra ricerche sicure e altre ricerche che hanno un largo margine di arbitrario, che può tramutarsi in violenza e in sopraffazione.
Ma guardiamo meglio il senso di questo contrasto fra etica e scienza: la morale - riconoscendo un creatore - si sente autorizzata a salvaguardare tale figura, la scienza, quando si faccia creatore, non deve rispondere più a nessuno, se non alla sua ansia faustiana, alla sua ambizione di fare delle proposte che ribaltino la nozione stessa di umanità. Ne consegue che resisterebbe soltanto l' idea di miglioramento, un' idea da rimettere nelle mani degli scienziati che per forza di cose sono più disposti a studiare la forma del prodotto e non la natura di questo prodotto. Anche perché se un giorno la scienza diventasse così forte da poter rifiutare ogni vincolo, nessuno la potrebbe fermare più, spetterebbe solo a lei il dominio del mondo. Certo la scienza ha un fascino che arriva a tutti gli spiriti che indaghino sul mistero della nostra presenza, tuttavia non sarebbe facile fare accettare da chi è sempre vissuto secondo la sua strategia teologica una sconfitta così cocente. Ecco perché si rivendica la verità e la forza della persona umana, perché ci sono tante paure e sospetti per l' applicazione dell' eutanasia, perché si diffida di tutto ciò che erode l' antica immagine dell' uomo.
La morale ricorre all' aiuto delle leggi, ma quando queste si dimostrano incomplete e fragili, eccola tornare al passato prossimo e alle recriminazioni. Tutto il grande capitolo dell' aborto suona come una conferma di questo stato d' incertezza. Eppure, la grande maggioranza di un Paese che porta il nome di cristiano aveva dato il suo avallo, soltanto di fronte agli abusi e agli errori una minima parte ha preso coscienza del problema, lo ha visto nella sua vera luce. Anche qui si trattava di adoperare uno strumento con certi criteri e non è stato fatto. Paradossalmente la scienza aveva preceduto l' etica, ma forse è più esatto dire che è mancata l' intesa, la collaborazione. Così torniamo al punto capitale: quello della collaborazione fra morale e scienza. A rendere più ardua tale collaborazione spesso c' è stato l' intervento della politica, il caso dell' aborto sta a testimoniare gli abusi e gli innesti non richiesti commessi contro la libertà della morale e della scienza. Quello che avrebbe dovuto essere un tema da studiare venne trasformato in ideologia e quindi snaturato, con danno più della scienza che non della morale che in quel caso doveva essere esclusivamente una morale personale.
Ripetiamo che allo stato attuale questo matrimonio difficile continuerà per molto tempo, fino a quando cioè non sarà possibile stabilire una situazione di equilibrio. Tutti però vedono quanto sia duro da ipotizzare il momento della riconciliazione, soprattutto se si tiene conto che l' etica viene sempre dopo, quando sono avvenute le modificazioni su cui la scienza fa le sue proposte. La morale per sua natura deve avere il tempo di vagliare il senso e il peso delle correzioni, deve avere il tempo di misurare i pericoli e soprattutto vedere se ci siano pericoli tali da esautorare la sua funzione. (Corriere della Sera)
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