Dario Fo: su migranti e dignità umana Francesco è stato rivoluzionario
IO FANATICO DI SAN FRANCESCO D'ASSISI
Un Papa rivoluzionario. Per il coraggio e la forza della denuncia, per il linguaggio che usa, per l’eloquenza dei gesti. Dario Fo vuole dirlo e vuole dirlo oggi: Francesco sa parlare a tutti, la sua è un’autorità morale capace di scuotere ogni uomo, credente o no. Per questo risulta «scomodo» e «dà fastidio». E per questo, al contrario, chi crede nella dignità dell’uomo non può che sostenerlo. Dal tema immigrazione in giù, nella condanna delle antiche e nuove forme di schiavitù, la sua forza, il suo impegno sono andati ben oltre le titubanze della politica.
«Su questo tema il suo coraggio è stato formidabile – sottolinea il premio Nobel per la letteratura –. Non dimentichiamo che in Italia un governo intero aveva dichiarato inaccettabile l’idea che stranieri venissero nel nostro Paese a rubare, secondo il linguaggio della propaganda, il lavoro agli italiani».
Un tormentone che resiste.
L’invito a cacciare gli immigrati è alla base della rimonta di un partito, come la Lega, che era a zero e che oggi torna a crescere, in sintonia perfetta con Le Pen padre e figlia e le forme più retrive della politica europea. Si sono persino inventati la storia degli immigrati che abitano negli alberghi a nostre spese. Il Papa ha capovolto questa logica, l’ha contrastata con la verità.
Con altrettanta chiarezza Francesco denuncia la corruzione e le torture di un’economia che mette al centro il denaro, la finanza, finendo per trattare la persona umana alla stregua di un bene di consumo, se non di materiale di scarto.
Un’altra presa di posizione rivoluzionaria. Ai miei occhi è sulla scia dei grandi riformisti dell’800, i primi a sottolineare che l’uomo e non il profitto, doveva essere al primo posto. Un segno, un modello già allora di apertura mentale altissima di fronte all’idea, banale, del fare soprattutto denari.
Già nella "Caritas in veritate" era detto chiaro e tondo.... E ora gli accenti di Francesco scuotono e interpellano tutti, a ogni livello.
Francesco tocca un punto che purtroppo la sinistra in Italia ha perduto di vista. Parlo della difesa del lavoratore, dei diritti, della dignità dell’uomo, in una società che gliela fa perdere costringendolo alla povertà e alla coscienza di essere povero.
Ma quella di Francesco è una rivoluzione che guarda innanzitutto all’interno, alla Chiesa.
È riuscito a far ritrovare credibilità alla Chiesa tra la gente, nel popolo. Ha restituito importanza a fatti, momenti, situazioni, che erano stati posti in secondo piano, in uno stallo da cui non si riusciva a risalire.
Lei è uomo di teatro: è colpito dalla sua semplicità e capacità di parlare alla gente comune?
Bisogna fare attenzione. Il valore di questo Pontefice non dipende dal fatto che è simpatico, spiritoso o fa gesti caritatevoli particolari. Ma innanzitutto dal coraggio della denuncia, dall’indicare i guai. Anche quelli che derivano da una "Chiesa di prìncipi". L’ha detto con chiarezza, ha parlato di chi si fa il castello, la macchinona, o indossa abiti raffinati opera di disegnatori di gran nome che magari di nascosto suggeriscono pure come muoversi....
Sin dall’inizio del suo pontificato, il Papa ha parlato di «Chiesa povera per i poveri». Richiamando in questo la figura del Poverello di Assisi. Ha detto di una Chiesa che è povera «Luna» della luce del suo Signore.
Sa, io che sono un fanatico di Francesco d’Assisi, ho scritto quattro commedie su di lui, ho fatto studi e sono stato vicino ai più grandi ricercatori d’Europa sulla sua vita, ho trovato nel Papa uno che non solo dice le cose di Francesco, ma con lo stesso linguaggio. Ha capito che si possono dire le cose più stupende parlando con umiltà. Del resto sant’Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti invitava a usare il linguaggio più semplice possibile, a non rimarcare immancabilmente il fatto di essere eruditi.
La cultura, l’efficacia della comunicazione non dipendono dai paroloni o dalle citazioni ad effetto.
Anche se tanti non lo capiscono o non lo vogliono capire, Francesco è un uomo di alta cultura. È un Papa che propone una rivoluzione culturale nella Chiesa e sa farsi ascoltare dal mondo. (Riccardo Maccioni)
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