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Dal male può nascere una vita rinnovata

Redazione online Ansa - Osservatore Romano
Pubblicato il 30-11--0001

Il servizio pastorale per il quale la Basilica di San Francesco, retta dai Frati minori conventuali, è particolarmente frequentata è senza dubbio quello della celebrazione del Sacramento della Riconciliazione: il fatto cioè di riconoscersi peccatori e bisognosi del perdono e della misericordia del Padre. Il Padre è sempre pronto al perdono, non solo, ma scruta il figlio quando ancora è lontano (Lc 15,20). Il peccato è sintomo di mancata o insufficiente accoglienza dell’annunzio di fede.

Prendere poco sul serio la realtà del peccato e del male o pensarla soltanto in prospettiva individuale, puntuale o episodica, o considerare il peccato al di fuori della misericordia redentiva rivelata in Cristo è I precludersi la possibilità di leggere il tutto in verità, è chiudersi alla Parola di Dio. La storia umana originata dal «mysterium pietatis» (mistero di amore) è insidiata dal «mysterium iniquitatis» (mistero del male) che contrasta le iniziative misericordiose di Dio che riconcilia il mondo con Sé in Cristo. Non si può considerare adeguatamente il peccato che è «offesa a Dio» senza situarsi nella rivelazione della sua misericordia, delle vie della sua giustizia, del modo con cui Egli reagisce alla cattiveria umana, senza rientrare in se stessi e vedere la distruttiva realtà del male.

L’umanità accolta da Dio, tramite lo Spirito, è Gesù Cristo: egli è l’anti–peccato, è la remissione dei peccati, è il mondo intero avviato alla piena liberazione dal male. Il contrasto tra «pietas» e «iniquitas» rivela la grazia nella quale siamo stati salvati e alla quale ci sottraiamo quando assecondiamo le seduzioni del male o quando entra in crisi la fiduciosa speranza nella misericordia del Padre. Ecco che allora la confessione – che è opera di misericordia e che quindi fa bene tanto al penitente quanto al ministro ordinato, perché fare da tramite alla misericordia di Dio è sempre una purificazione e una festa per l’uno e per l’altro – diventa anche occasione di «ammonizione», cioè di avvertimento circa la giustizia di Dio, il quale è misericordia ma al tempo stesso giustizia.

L’«ammonire i peccatori» non consiste né nella minaccia di chissà quali castighi né tanto meno in quella forma di «terrorismo spirituale» il cui risultato è quello di allontanare quanti si avvicinano. «Ammonire i peccatori» è una delle opere di misericordia spirituale. Ed è compito inderogabile del confessore ricordare che l’assoluzione sacramentale, oltre a cancellare l’ingiustizia commessa, reintegra il fedele nella piena amicizia con Dio e con i fratelli. L’ammonizione suona quindi come un invito a scegliere in ogni momento e in ogni circostanza la giustizia di Dio e a riflettere sulle conseguenze del peccato. Si è riconosciuto che il peccato, per quanto nascosto e personale, nuoce sempre alla Chiesa. Esso è all’origine della miseria dell’umanità, dell’ingiustizia, della guerra e del grido della creazione che «geme e soffre» (Rom 8,18). E allora l’umile ammonizione ci aiuterà, discretamente, a rimanere fedeli a quella Parola che risuona nelle nostre coscienze. (padre Franco Careglio OFMConv - Avvenire)

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