La rivoluzione che potrà salvare il mondo
RicordaTi, o Signore, che anche noi siamo stati stranieri in terra d’Egitto. Questa la commovente preghiera che gli ebrei, riuniti a mensa la sera del Pesah, rivolgono a Dio nell’accogliere gli stranieri invitati a sedere e a consumare con loro la cena come ospiti. E’ un momento bellissimo: chiunque, non-ebreo, abbia avuto la fortuna e il privilegio di viverlo, non lo dimentica più per la vita. Siamo tutti esuli, siamo tutti pellegrini. E il pellegrino, com’è perfettamente sottolineato dal diritto canonico e dalla tradizione della Chiesa, è anzitutto, soprattutto, essenzialmente un pauper: cioè non solo un mendicante che non ha nulla ma ha bisogno di tutto, bensì uno che ha rinunziato a tutto per chieder perdono a Dio e intraprendere un cammino pericoloso che può costargli l’esistenza. Nei primi tempi del cristianesimo, i pellegrini si avviavano verso Gerusalemme per concludervi il cammino della vita. Ma il pellegrino è tale in quanto affronta anche una dura penitenza. È un peccatore, e il suo andare somiglia in ciò a quello di Caino dopo il peccato: nessuno dovrà nuocergli in quanto egli è il testimone della condanna inflittagli da Di e ne reca il segno. Questo significavano, nella nostra civiltà tradizionale, la croce e la palma di chi tornava da Gerusalemme, le chiavi e l’effigie della veronica di chi era reduce da Roma, la conchiglia atlantica di chi aveva percorso il Camino de Santiago. Il Frate Minore, sull’esempio del Maestro e a differenza delle volpi che pur hanno la loro tana, non ha una pietra su cui posare la testa. Egli è un perfetto pauper in quanto ha rinunziato ad ogni forma non solo di avere, ma anche e soprattutto di potere (questo il significato ultimo della paupertas). Perciò egli ripone – secondo un celebre Fioretto – il segreto della Perfetta Letizia nel venire respinto, rifiutato, perfino offeso e malmenato dal troppo severo custode del luogo al quale ha bussato chiedendo ospitalità. Solo così egli persegue perfettamente la sequela Christi, avvicinandosi il più possibile al Cristo povero e nudo. Ma Francesco, povero perfetto che non ha né casa, né calzari, né un secondo saio, è infinitamente disponibile a condividere la sua povertà con tutti i fratelli che si trovano nella medesima condizione: anche e soprattutto con quanti, a differenza di lui, non l’hanno scelta e non la vivono pertanto in Perfetta Letizia. Il Frate Minore non ha nulla. Nemmeno il convento dove temporaneamente risiede è suo; nemmeno i suoi abiti e il suo poco cibo. E, questo nulla, lo mette a disposizione di chiunque ne abbia bisogno. Su questa terra, sulla quale siamo tutti poveri pellegrini, nessun peccato è peggiore dell’appropriarsi di quanto non è nostro negandolo al fratello. Per questo il Frate Minore, in quanto mendicante, è a sua volta ospite magnifico e generoso. Questa è la Rivoluzione della Carità: la sola che potrà salvare il mondo.