Le visite dei pontefici
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La narrazione visiva della vita di san Francesco apre con una novità assoluta: una veduta della piazza principale di Assisi, al cui centro sorge il tempio d'età augustea tradizionalmente chiamato di Minerva, il monumento più importante della cittadina umbra. Giotto insiste cioè sul verifi cabile contenuto storico del racconto che qui inizia, seguendo san Bonaventura che, nel prologo della Legenda Maior, afferma di essersi “recato nei luoghi dove [Francesco] è nato, è vissuto ed è morto” per condurvi “diligenti indagini sui fatti con i suoi compagni superstiti�”.
Giotto dà perciò al pellegrino, anch'egli recatosi nei luoghi dove era nato e morto il Santo (e che forse ha già visto la piazza e il tempio), la sensazione di svolgere diligenti indagini. In questo modo, già con l'episodio d'apertura l'artista situa il racconto nell'ambito delle cose degne di fede perché oggettivamente verifi cabili, anzi viste.
Il testo di Bonaventura non menziona né la piazza né il tempio, la cui raffi gurazione nell'affresco rappresenta perciò una revisione di carattere forse politico: nel secondo Duecento il Tempio di Minerva era stato adattato a sede del Comune assisiate, e la sua inclusione qui probabilmente allude al rapporto dei frati con la città, diventata � grazie al culto di Francesco � un'importante meta di pellegrinaggio. Ma il vero soggetto dell'affresco è l'incontro in cui Francesco ricevette l'omaggio di “un uomo semplice” e si sentì preannunciare un avvenire glorioso: centro emotivo della scena è lo sguardo che passa tra il giovane santo e l'uomo che, prostratosi, gli stende un mantello bianco dinanzi.
Mentre gli astanti discutono del gesto e delle parole pronunciate, Francesco stesso, comprensivo e benevolo davanti all'interlocutore handicapato, rimane colpito, forse ricordando che anche davanti a Gesù erano stati stesi dei mantelli per terra, al momento dell'ingresso a Gerusalemme prima della sua Passione (Matteo 21,8).
Nello sguardo del giovane leggiamo suspense: egli esita, è incerto, eppure si apre alla possibilità che le parole dell'uomo siano veritiere � ispirate, come dice Bonaventura �, e così, col piede destro già sul mantello, comincia il cammino che lo conformerà a Cristo. Il vuoto al centro della composizione � la distanza che separa Francesco dall'improbabile profeta del suo futuro � ha straordinaria forza drammatica, e definisce la chiave di lettura psicologica dell'intero ciclo.
Qui l'immagine ci fa entrare non solo nel racconto, ma nel dramma interiore di questo ragazzo chiamato da Dio.
Timothy Verdon
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