SPIRITUALITÀ DI ASSISI
La nudità di Francesco
Francesco è ormai persuaso della sua scelta di cambiamento. Dopo un lungo periodo di lotta
interiore con se stesso, di opposizione da parte del padre e persino di incomprensione dei suoi
amici e concittadini, egli è finalmente risoluto a mutare la sua vita. Come sappiamo dalla prima
narrazione sulla vita di Francesco, scritta da frate Tommaso da Celano (FF 343-344), il padre dopo
aver recuperato parte dei suoi soldi, che Francesco aveva buttato in mezzo alla polvere di una
finestra presso la chiesetta di S. Damiano, lo conduce davanti al vescovo di Assisi. Pietro di
Bernardone vuole che Francesco rinunci a tutti i suoi beni e restituisca nelle mani del vescovo
quanto possedeva. Il giovane «pieno di gioia si affrettò a compiere con sollecitudine e gioia quanto
gli era stato richiesto».
Comparso davanti al vescovo, Francesco non esita né indugia sotto nessun pretesto,
anzi, senza dire o aspettare parole, si toglie tutte le vesti e le getta a terra, rendendole al
padre. Non ritiene nemmeno le mutande, restando nudo di fronte a tutti. Il vescovo,
compresa la sua intenzione e ammirandone il fervore e la risolutezza d’animo,
immediatamente si alza, lo abbraccia e lo copre con il suo stesso manto.
Il gesto di Francesco, la sua nudità, si carica di una serie di significati simbolici, spiegati in molti
modi da chi si è accostato a questo episodio della vita del Poverello e che proprio per questo
hanno reso questo gesto dello spogliarsi e del restare totalmente nudo qualcosa di indelebile.
Quali sono dunque alcuni di questi significati?
Può certamente aiutarci a entrare dentro questo gesto l’interpretazione che di esso ne diede
Giotto attraverso l’affresco realizzato nella Basilica Superiore. Si osservano come due gruppi
architettonici e umani distinti: da una parte il padre con i vestiti del figlio sul braccio sinistro
seguito da una folla di cittadini di ogni età e uno di questi gli trattiene l’altro braccio. Sul lato
sinistro Francesco nudo con il vescovo che lo copre con il suo mantello e qualche altro chierico.
Questi due blocchi sono separati da uno spazio vuoto, spezzato solo dalle mani giunte di
Francesco, che lo fendono per innalzarsi al cielo in gesto di preghiera e di affidamento e rivolte alla
mano benedicente di Dio posta in alto alla scena. Giotto coglie il momento in cui Francesco può
pronunciare liberamente quelle parole «D’ora in poi potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei
nei cieli, non padre Pietro di Bernardone».
È nello spogliamento radicale di sé che Francesco ritrova se stesso, ma trova anche Dio che lo
benedice e gli altri.
Non è un caso che papa Francesco, il 4 ottobre 2013, quando fece la sua prima visita pastorale ad
Assisi, recandosi alla sala della Spogliazione, spiega:
La spogliazione di san Francesco ci dice semplicemente quello che insegna il Vangelo:
seguire Gesù vuol dire metterlo al primo posto, spogliarci delle tante cose che abbiamo
e che soffocano il nostro cuore, rinunciare a noi stessi, prendere la croce e portarla con
Gesù. Spogliarsi dell’io orgoglioso e distaccarsi dalla brama di avere, dal denaro, che è
un idolo che possiede. Tutti siamo chiamati ad essere poveri, spogliarci di noi stessi; e
per questo dobbiamo imparare a stare con i poveri, condividere con chi è privo del
necessario, toccare la carne di Cristo! Il cristiano non è uno che si riempie la bocca coi
poveri, no! E’ uno che li incontra, che li guarda negli occhi, che li tocca. Sono qui non per
“fare notizia”, ma per indicare che questa è la via cristiana, quella che ha percorso san
Francesco. San Bonaventura, parlando della spogliazione di san Francesco, scrive: Così,
dunque, il servitore del Re altissimo fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore
crocifisso, oggetto del suo amore». E aggiunge che così Francesco si salvò dal «naufragio
del mondo» (FF 1043).
Ma papa Francesco ci provoca ancora con queste parole:
Questa è una buona occasione per fare un invito alla Chiesa a spogliarsi. Ma la Chiesa
siamo tutti! Tutti! Dal primo battezzato, tutti siamo Chiesa, e tutti dobbiamo andare per
la strada di Gesù, che ha percorso una strada di spogliazione, Lui stesso. È diventato
servo, servitore; ha voluto essere umiliato fino alla Croce. E se noi vogliamo essere
cristiani, non c’è un’altra strada. Ma non possiamo fare un cristianesimo un po’ più
umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? In questo modo
diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo,
ma non cristiani davvero!
Siamo pronti a compiere questo cammino di spogliazione?
(Filippo Sedda)