SPIRITUALITÀ DI ANCONA

Ancona, porta d’oriente e via della pace

Francesco nel 1212, a sei anni dalla sua conversione, si recò ad Ancona, la città dorica, la porta del cristianesimo nelle Marche. Il Santo di Assisi partì infiammato nel cuore, non partì con il libro in mano, sapeva benissimo che era la sua esemplarità di vita ad essere contaminante, a creare attrazione, a mettere in discussione. Sapeva che molti non avrebbero letto il libro del Vangelo, ma che avrebbero letto il suo stile di vita, il suo modo di porsi, il suo stare insieme agli altri. Nonostante l’insuccesso del viaggio che lo portò in Dalmazia, presso l’attuale Spalato, per poi far ritorno ad Ancona come clandestino, non cancellò gli orizzonti nuovi che aveva in mente. Il tumulto interiore che agitava Francesco non si era spento dalla traversata del mare Adriatico nel 1212. Il richiamo della Terra Santa era troppo forte in lui. Quando il 24 giugno del 1219 si imbarcò per recarsi in Oriente, egli tagliò nel mare la linea della nostra rotta terrestre e celeste, con parole oggi significative: incontro, dialogo, pace. Quella partenza invita tutti ad una seria riflessione. Lui partì come pellegrino di pace durante la V Crociata che imponeva il divieto del Papa di recarsi in Terra Santa. Francesco andò come pellegrino di pace a vivere l’incontro con il Sultano, così diverso per cultura e religione; non ebbe paura di aprire il dialogo. Il dialogo non è un “duello” per soggiogare l’altro, in cui due si scontrano e vince il più forte. Il dialogo è un “duetto”, in cui due persone sono protagoniste, come nel canto, fatto con due voci diverse, ma che ne accentuano la bellezza e l’armonia. Il dialogo non è rinunciare alla propria identità, ma farla rimanere integra rispettando chi la pensa diversamente, aperti ad una dimensione più grande. Oggi assistiamo a fenomeni migratori, ad attentati terroristici: le nuove situazioni di convivenza o di intolleranza fra uomini e donne di provenienza diversa hanno portato sotto casa le problematiche di popoli, di tradizioni e culture che, solo pochi anni fa, erano considerate estranee alla nostra vita. Oggi c’è la tendenza a mettersi l’uno contro l’altro, ad alzare la voce, a volere lo scontro a tutti i costi, a prevalere, a vivere sempre più isolati e protetti dagli altri, visti come una minaccia. Siamo chiamati a seminare la pace con gesti concreti costruendo ponti di dialogo, incontri di fraternità, per riconciliarci in vita, perché ogni violenza e guerra vengano cancellate. Siamo pertanto chiamati a portare e ad annunciare la pace come la buona notizia di un futuro dove ogni vivente verrà considerato nella sua dignità e nei suoi diritti. Chiediamo a Dio, il cui nome è pace, che sull’esempio di Francesco di Assisi, ci esercitiamo nell’arte del vivere insieme, come fratelli, figli di uno stesso Padre. I semi della pace, nella speranza, porteranno sicuramente frutti.

(Mons. Angelo Spina, Arcivescovo-Metropolita di Ancona-Osimo)