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Quei giovani nell'angolo

Linda Laura Sabbadini Unsplash
Pubblicato il 18-01-2021

Sono spesso senza formazione né lavoro

Formazione e lavoro: due punti chiave del presente e del futuro del Paese. Dobbiamo rompere il circolo vizioso in cui stiamo cadendo su tutti e due i fronti. È vitale per la vita di ciascuno di noi e per quella del Paese. Vediamo quale è. Il lavoro è il nodo cruciale della sfida dell' oggi, ma anche del domani. La questione lavoro si è aggravata molto con l' epidemia, ma viene da lontano e si approfondirà con la rivoluzione tecnologica. Chi perde il lavoro e rimane senza per tanto tempo ha più difficoltà a trovarlo. Perché si apre un circolo vizioso. Più tempo si sta fuori dal mercato del lavoro più si risulta indesiderati anche dalle imprese che ricercano personale, e conseguentemente più ci si deprofessionalizza fino a che subentrano la difficoltà a rimettersi in gioco e anche a riconvertirsi, subentra la demotivazione, lo scoraggiamento, la rinuncia. Ma dobbiamo evitare che ciò accada perché il lavoro è un aspetto fondamentale della identità delle persone.

Una cosa analoga può succedere per la formazione. Se ci si disabitua a studiare è più difficile riprendere a farlo, o perlomeno a farlo nel modo giusto, si perde l' abitudine a stare a tavolino, si perde il metodo e anche la passione allo studio. Più lo si fa a distanza, o meglio solo a distanza, più aumenta il distacco fisico dallo studio e si penalizzano quelle persone che più delle altre hanno bisogno del lavoro di squadra, di studiare insieme ad altri e che non hanno nel contesto familiare adeguato supporto. Su questo bisogna porre molta attenzione. Studiare in presenza è elemento di arricchimento per tutti. I 468 mila disoccupati nel mese di novembre 2020 con più di 50 anni hanno un problema serio. Per loro la disoccupazione di lunga durata purtroppo è una trappola proprio per l' età e le difficoltà a riconvertirsi, anche se sono numerosi i resilienti che si reinventano. In questo caso specifico servono politiche mirate di formazione e soprattutto di sostegno al reddito.

Ma il problema riguarda anche ampie fasce di popolazione giovanile. Innanzitutto perché hanno bassi titoli di studio per effetto di uno stereotipo che si è purtroppo molto diffuso nel nostro Paese. E sapete quale è? La laurea non serve. I dati dimostrano, invece, l' opposto: che la laurea è stato elemento protettivo per il lavoro durante la crisi precedente. Ma purtroppo i giovani italiani studiano un numero di anni inferiore degli europei. E anche le donne. Perché è vero che studiano e si laureano di più degli uomini, ma meno delle europee. La prima cosa che dobbiamo capire è che è necessario studiare, studiare, studiare. Formarci. Non stancarci di farlo. Nelle cose che ci piacciono, che ci appassionano. Non si trova lavoro? Continuiamo gli studi. Lavoriamo con il volontariato.

Impegniamoci, mai restare inattivi, più studiamo più avremo gli strumenti per metterci in gioco. Ma tutto ciò deve essere stimolato dalle politiche che, per esempio, dovrebbero dare più spazio ad esperienze assai formative come quella del servizio civile, allargandola notevolmente come numero di posti. Praticare la solidarietà fa crescere ognuno di noi, fa bene a chi sta peggio, e crea tessuto sociale nel Paese. Ma passiamo al lavoro. Il 60,5% dei 25-34enni lavora. Un mondo molto variegato. Intanto perché la distanza tra donne e uomini è di 20 punti. I giovani maschi hanno un tasso di occupazione del 70,2%. Le giovani del 50,6%. E poi perché c' è un abisso tra Nord e Sud. I giovani maschi del Nord lavorano nell' 81,3% dei casi, al Sud gli stessi nel 55,6%. Le giovani donne arrivano al 64,3% al Nord e 31,9% al Sud.

Quindi, capite bene che non possiamo parlare di giovani in generale, ed è indispensabile individuare i differenti segmenti per trovare i punti di attacco delle politiche. La crisi precedente era stata lunga, molto lunga. E aveva colpito soprattutto i giovani. Faticosamente avevamo risalito la china ma di poco. Avevamo perso 11 punti nel 2013 rispetto al 2007, nel 2019 ne avevamo recuperati 3,6, pochi. Con la pandemia siamo tornati indietro con solo un punto in più del 2013. Le giovani hanno azzerato. Rompiamo il doppio circolo vizioso del non studio e non lavoro. Dotiamoci di una strategia politica adeguata, diamo spazio alla creatività delle misure. Numeri trasparenti, analisi di impatto, non parole. (La Repubblica)

 

* direttora centrale Istat

 

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