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Negli affreschi della Basilica di San Francesco la bellezza dei campi e dei vigneti

Elvio Lunghi Archivio Fotografico Sacro Convento Assisi
Pubblicato il 05-12-2018

Nell'episodio del dono del mantello gran parte del quadro è occupato da un grandioso paesaggio naturale

Bonaventura da Bagnoregio, nella Legenda maior, riferisce la conversione di Francesco col dire che un giorno il giovane incontrò per strada un pover'uomo dal quale si sentì annunciare cose meravigliose. Poco dopo Francesco si ammalò e una volta guarito s'imbatté in un povero cavaliere e lo rivestì dei suoi abiti. La notte seguente sognò un palazzo pieno di armi crocesignate, che interpretò come un invito a indossare la croce.

Trent'anni prima Tommaso da Celano aveva riferito le stesse cose con parole differenti. C'è il sogno della casa colma d'armi, ma sono prive del segno di croce. C'è il desiderio di Francesco di arruolarsi al seguito di un nobil'uomo di Assisi in partenza per la guerra nelle Puglie, ma tornò subito a casa. Soprattutto vi manca l'omaggio di un semplice per le vie di Assisi.

Tommaso si limita a dire che Francesco era il figlio di un mercante che amava "vivere nel peccato con passione giovanile". Un giorno si ammalò gravemente e una volta guarito "un giorno uscì, ammirando con più attenzione la campagna circostante: ma la bellezza dei campi, l'amenità dei vigneti, tutto ciò che è gradevole a vedersi non gli dava più alcun diletto. Era meravigliato di questo repentino mutamento e riteneva stolti tutti quelli che hanno il cuore attaccato a beni di tal sorta" (1 Cel 3).

Dove Bonaventura aveva indicato il dito di Dio nella figura di un matto, dello scemo che passa e rivela a Francesco la sua gloria futura, Tommaso affida questo ruolo maieutico allo spettacolo della natura addomesticata dal lavoro dell'uomo: i campi ordinati, le chiome argentate degli olivi, le viti maritate agli olmi, le messi dorate.

Tanta bellezza non riesce a strappargli un sorriso, e alla metànoia segue la conversione. Più diverso ancora è il racconto della conversione di Francesco dalla viva voce nel suo ultimo Testamento: "Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia".

Cos'è che unisce i tre racconti?. Li unisce il colle panoramico che va dalla porta di Moiano, a ridosso della casa paterna di Francesco, e seguendo la via dell'Arce raggiunge l'ospedale di San Lazzaro, dove erano un tempo i lebbrosi e dove è ora la chiesa di Santa Maria Maddalena. Se usciamo dalla porta di Moiano e seguiamo la ripida strada che passa sotto la chiesa di Santa Maria Maggiore, passata la strada di circonvallazione costruita nel secondo dopoguerra incontreremo il nucleo di calcestruzzo di un mausoleo romano.

Nella valletta sottostante è il monastero di San Masseo, un Eigenkloster fondato nel 1059 da Lupone di Monaldo conte di Postignano e Gaifana, recentemente riattato dalla comunità monastica di Bose fondata da Enzo Bianchi: vi si trova un vino generoso, una accoglienza cordiale, vi si ascoltano prediche festive ispirate. La strada scende rapidamente verso il piede del colle, dove incontra la fonte Galletta e lì accanto un tabernacolo che domina un trivio di strade.

Seguendo la strada sterrata verso oriente, fatti pochi passi incontreremo un edificio coperto di edera, sulla cui facciata è murato un concio in pietra con una croce della foggia usata nelle chiese Templari. Era questo l’ospedale dei Crociferi, cioè "l'ospedale di Fontenelle, posto accanto al Rivo torto e vicino alla terra della famiglia del Santo”, racconta lo storico di Assisi Arnaldo Fortini: se ne trova notizia nei Fioretti nel racconto della perfetta letizia. Se invece risaliamo la costa seguendo un sentiero tra gli olivi, raggiungeremo il convento di San Damiano.

Proseguendo invece la via dell'Arce si arriva alla chiesa della Maddalena. Verso oriente c'è la chiesa di Rivotorto, verso occidente la Porziuncola: qui ogni pietra ha l'odore di Francesco. È questo il colle panoramico del colle di San Damiano, la zona più protetta del contado di Assisi. Ma anche la zona più bella, coltivata a vigne, a olivi, a girasoli: una vera gioia per gli occhi per essere rimasta indenne dallo scempio dell'edilizia moderna.

Se guardiamo gli affreschi della Leggenda Francescana, il colle di San Damiano è ritratto nell'episodio del dono del mantello. Gran parte del quadro è occupato da un grandioso paesaggio naturale, che si apre in alto sulla vetta di due colli e in basso converge verso il volto di Francesco, posto come un sole al centro esatto della composizione come per dare luce al creato.

In vetta al colle a sinistra si affaccia una città turrita cinta da mura merlate. Gli stemmi con la croce sopra una porta urbica la identificano per Assisi: stemmi con la croce medievali si vedono ancora sulla porta di Moiano.

In vetta all'altro colle si riconosce l’abbazia benedettina di San Benedetto al Subasio. Fuori la porta urbica di Assisi c'è un piccolo borgo di case. Di seguito la costa vede solo alberi isolati: la bellezza dei campi, l'amenità dei vigneti.

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