Giornata della Terra, l'unica che abbiamo
Petrini: Non sia un ambientalismo di facciata
Il surriscaldamento globale, i cambiamenti climatici in generale, e il degrado ambientale sono definitivamente diventati una minaccia enorme per l'Europa e il mondo intero. Le istituzioni europee stanno mettendo in atto una nuova strategia per la crescita, capace di trasformare l'Unione in un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse, seguendo delle direttrici ben precise: nel 2050 non siano più generate emissioni nette di gas a effetto serra; la crescita economica sia dissociata dall'uso delle risorse e nessuna persona e nessun luogo sia trascurato. Il Green Deal europeo è la maniera per rendere sostenibile l'economia della UE. Le problematiche climatiche e le sfide ambientali dovranno essere trasformate in opportunità in tutti i settori politici e rendendo la transizione equa e inclusiva per tutti. L’Italia è uno degli ingranaggi, come gli altri Stati, che dovrà fare la propria parte e, per questi motivi, una cifra importante del Recovery Fund è destinata alla rivoluzione verde e transizione ecologica. Ci aspetta un percorso impegnativo e di cambiamento sostanziale, non solamente un “greenwashing”, come auspicato da Carlin Petrini, fondatore dell'associazione Slow Food, con cui abbiamo parlato di questi argomenti, in vista della prossima Giornata della Terra il 22 aprile.
L'Europa ha stanziato importanti somme per il Green Deal, l'ormai nota "transizione verde". Cosa ne pensa?
Il focus di questa operazione è determinata dalla situazione pandemica, che ha messo in ginocchio l’economia del nostro continente. Il fatto che questo importante stanziamento sia stato collegato a comportamenti virtuosi verso l’ambiente è all’insegna dei tempi che stiamo vivendo. Ci si è resi conto che il modello di sviluppo – a partire dal secondo dopoguerra, ma in parte anche da prima –, basato solamente sull’appropriazione delle risorse ed un poco rispetto delle questioni ambientali, non può più essere portato avanti. Era necessario un cambio di rotta repentino. Questo “vestito nuovo” che si è dato alle pratiche virtuose in materia ambientale è, a mio avviso, molto importante. Mi auguro che gli stati membri e la stessa Europa sappiano capire fino in fondo la necessità di tale cambio di rotta.
Ci sono, secondo lei, dei rischi?
C’è un elemento che va sottolineato: assisteremo, e stiamo già assistendo, ad un'inversione di tendenza rispetto alle tematiche della sostenibilità. In ogni luogo, e in tutte le componenti della società civile, si parla di questo tema. Dobbiamo fare in modo che non sia solo una questione lessicale, ma che ci siano dietro comportamenti pratici e concreti. Ho l’impressione che assisteremo ad un grande “greenwashing”, un ambientalismo di facciata con delle pratiche diametralmente opposte, purtroppo. È importante che alcune coordinate vengano ben delineate. Dovrebbero essere specificati, in modo dettagliato, quali sono i comportamenti a cui si devono attenere la finanza e la grande industria.
Vedendo questo passaggio al "green" come nuova forma di profitto – e solo in apparenza vocata alla tutela ambientale – non si torna in qualche modo al punto di partenza?
Se non maturiamo una cognizione forte, rispetto alle questioni della sostenibilità – e dell’impatto che ha un atteggiamento predatorio nei confronti dell’ambiente –, questo “green” sarà solamente di facciata. Oggi la parola sostenibilità è sulla bocca di tutti, anche di quelle grandi multinazionali che hanno messo in atto pratiche devastanti nei confronti dell’ambiente. Questo termine deriva dalla parola sustain cioè il pedale del pianoforte che permette di allungare la nota, sostenibilità quindi vuol dire realizzare delle pratiche i cui benefici si prolunghino nel tempo, al contrario della cultura dello scaltro, dell’economia del consumo sfrenato e predatorio.
68,9 miliardi del Recovery Fund, destinati alla "rivoluzione verde e transizione ecologica", sono assegnati secondo diverse voci: “Agricoltura sostenibile ed economia circolare”, “energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile”, “efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”, “tutela del territorio e della risorsa idrica”. L'Italia riuscirà a mettere in piedi un piano strutturato e credibile?
Spero di sì. Purtroppo non abbiamo un processo educativo forte su queste tematiche. Gli operatori che metteranno in essere queste iniziative, devono essere supportati sul piano teorico e pratico. Mi auguro che questo supporto intellettuale, cognitivo e informativo possa essere implementato in questo ultimo periodo dalle Istituzioni. Penso ad esempio alle università, ma in generale a tutte le energie positive del Paese. Questa transizione deve essere vissuta con maggiore impegno formativo, senza di esso non riusciremo a mettere in piedi valide azioni.
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