Le visite dei pontefici
Un singolo episodio può cambiare il corso della Storia e, a detta di alcuni, perfino dell'intero Universo. La visita dei Magi al Bambino Gesù è una delle immagini più familiari per ciascuno di noi, religiosi o laici. È davvero suggestiva l'affermazione di san Gregorio Nazianzeno, teologo e Dottore della Chiesa del quarto secolo d.C., secondo cui nel momento stesso in cui i Magi si prostrarono davanti a Gesù sarebbe giunta la fine dell'astrologia. Infatti, per colui che fu il patriarca di Costantinopoli, dal momento dell'Adorazione dei Magi le stelle avrebbero cominciato a girare nell'orbita stabilita da Cristo. Mossi dalla conoscenza, spronati dalla curiosità, accompagnati dalla consapevolezza della fede, tre Sapienti hanno riconosciuto il Salvatore e sono arrivati da Oriente per rendere omaggio al “re dei Giudei”. Affianchiamoli nel percorso e scopriamo l'esito del loro lungo viaggio. Un viaggio che ci può aiutare anche nel rapporto tra credenti e non credenti. Perché l'incontro con l'altro porta a nuova conoscenza, ci porta a crescere, ad aprirci, a maturare, a continuare a interrogarci su noi stessi, sul mondo e sulla Vita. Penso a una frase del filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein, dal suo Tractatus logicologico- philosophicus: «Ho voluto indagare i contorni di un'isola; ma ciò che ho scoperto sono i confini dell'Oceano».
(...) La tradizione antica – la stessa che volle che i viaggiatori fossero dei “re” e che li ha resi uno nero, uno bianco e uno giallo – ha stabilito che fossero tre, associando il numero dei magi al numero dei doni che questi portavano: oro, incenso e mirra. Questo ci porta alla domanda successiva, e cioè che cosa stiano a significare gli omaggi che vengono elargiti a Cristo neonato e a sua mamma. Tre elementi che riverberano tre distinti aspetti del mistero cristiano: l'oro per la regalità di Gesù, l'incenso per la sua divinità, l'essere Figlio di Dio, la mirra sarebbe un richiamo al mistero della Passione. La ritroviamo infatti dopo la morte di Gesù, nell'episodio raccontato dall'evangelista Giovanni, che vede Giuseppe di Arimatea andare a prendere il corpo morto di Cristo: «Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura». La regalità di Cristo viene così omaggiata tanto alla nascita, quanto alla morte. L'adorazione dei Magi preannuncia il mistero della Croce.
Chi erano i Magi? Il termine “magi” (mágoí) ha un ventaglio di possibili significati e sfumature: sacerdoti, detentori di un sapere e di un potere soprannaturale, stregoni, fino a identificare imbroglioni e seduttori. Per i Magi in Matteo vale il primo significato: «Anche se non appartenevano esattamente al ceto sacerdotale persiano, erano tuttavia portatori di una conoscenza religiosa e filosofica, che si era sviluppata ed era anche presente in quegli ambienti». Di certo, ciò che muoveva il loro passo era un'inquietudine, uno stimolo, una ricerca interiore, una speranza, una fede. Al contrario dei sacerdoti e degli scribi del popolo a cui si rivolge Erode, i quali individuano sì il luogo di nascita di Gesù in Betlemme, ma che scelgono di non mettersi in cammino, i Magi, non solo hanno riconosciuto nella stella il segno dell'arrivo del Salvatore, ma decidono di partire in viaggio. «Essi rappresentano il cammino delle religioni verso Cristo, come anche l'autosuperamento della scienza in vista di Lui. Si trovano in qualche modo al seguito di Abramo, che alla chiamata di Dio parte. In un modo diverso si trovano al seguito di Socrate e del suo interrogarsi, al di là della religione ufficiale, circa la verità più grande. In tale senso, questi uomini sono dei predecessori, dei precursori, dei ricercatori della verità, che riguardano tutti i tempi». (Dal libro Il Natale di Maria, di padre Enzo Fortunato)
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