religione

Tra il Vangelo e la spada, le crociate dei francescani

Antonio Giulian Pubblico Dominio
Pubblicato il 31-05-2021

Il coinvolgimento dell' Ordine dei frati Minori nelle spedizioni in Terra Santa e in Europa

«La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un' idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi "prende su di sé" il suo "giogo" » . Le parole di papa Bergoglio (ad Assisi nel 2013) sono la premessa necessaria per accostarsi a un libro la cui tesi a qualcuno potrà sembrare "scandalosa": il pieno coinvolgimento dei frati Minori nelle crociate in Terra Santa e in Europa dal XIII al XV secolo. È il saggio controcorrente di Paolo Evangelisti Dopo Francesco, oltre il mito. I frati Minori fra Terra Santa ed Europa ( XIII- XV secolo) ( Viella, pagine 296, euro 29) che passa scrupolosamente in rassegna una quantità considerevole di fonti dell' epoca per restituirci un' immagine diversa del santo di Assisi e dei suoi seguaci. Se un certo paradigma storiografico ha finito per mitizzare l' incontro con il Sultano Al-Malik Al-Kamil, avvenuto in Egitto nel settembre del 2019, il volume di Evangelisti costringe a ripensarlo alla luce di quel che è successo dopo, i primi tre secoli di attività minoritica nei quali l' « impegno crociatistico » fu innegabile.

Tante le figure di spicco dell' Ordine dei Minori in prima linea, ma è soprattutto Fidenzio da Padova colui che teorizza e mette per iscritto l' approccio francescano alle crociate. Lo fa nel Liber recuperationis Terrae Sanctae, un vero e proprio trattato politico- militare volto non solo alla riconquista ma anche al mantenimento dei Luoghi santi. Un' opera consegnata nelle mani del primo papa francescano, Niccolò IV, nel 1291. L' uso della forza come ultima ratio dei cristiani è un dato essenziale del testo di Fidenzio, spiega il testo. Ma l' azione militare va dispiegata solo dopo pressioni politiche, economiche e diplomatiche, come l' embargo commerciale o il blocco navale del Mediterraneo nei confronti degli infideles. Minuzioso anche il progetto di governo a cui i cristiani d' Oriente avrebbero potuto far riferimento per autosostenersi: dall' amministrazione della giustizia al controllo della fiscalità, oltre all' istituzione di una militia permanente e autoctona di pugiles Christi. Le idee del frate padovano che proponevano un' impostazione diversa dalle crociate precedenti erano condivise anche da altri esponenti di rilievo del mondo francescano di allora, come Raimondo Lullo, Adamo di Marsh, Ruggero Bacone e Giovanni Peckham. Ma non si possono nemmeno dimenticare gli illustri predicatori coinvolti nel reclutamento e nel coordinamento della crociata: Gilbert de Tournai, Bertrand de la Tour e Pietro di Giovanni Olivi che arrivò a redigere anche un vademecum significativo Miles armatus.

Dalla disamina dei documenti papali del bollario francescano emerge anche che ai Minori furono assegnati una molteplicità di compiti pratici nell' organizzazione delle crociate: dalla tutela fiscale dei patrimoni di chi partiva alla raccolta di ogni sostegno economico per la spedizione navale. Al punto da far dire a Evangelisti che «l' Ordine dei Minori abbia partecipato in maniera determinante alla realizzazione di un complesso sistema di welfare crociato». E il saggio non dimentica nemmeno le iniziative francescane per difendere i fratelli nella fede dalla minaccia dei Turchi in Europa: si spiega così, a metà del Quattrocento, la compagine militare al servizio di san Giovanni da Capestrano, il frate abruzzese impegnato a contenere l' avanzata ottomana nella penisola balcanica. Al di là dunque delle violenze e delle infamie, occorre allora considerare le crociate nel loro contesto, come ha scritto anche lo storico Franco Cardini: «Bisogna forse avere il coraggio di disincantare la realtà storica di un Francesco troppo spesso ricostruito secondo i gusti e le tendenze morali odierni, e guardare alla concreta realtà storica del XIII secolo. Che cos' era, per un uomo del primo Duecento, e per un uomo che aveva scelto il Cristo a suo immediato modello di vita, la crociata? Essa era anzitutto il pellegrinaggio, il ritorno alla Casa del Padre, la visita devota alle vestigia terrene del passaggio del Salvatore su questa terra». Non solo. «Francesco - aggiunge Cardini - vedeva nella crociata anzitutto l' occasione del martirio: e nel martirio la forma più alta e più pura della testimonianza cristiana».

È in quest' ottica che Evangelisti dimostra come «l' irenismo si rivela una categoria interpretativa poco utilizzabile per comprendere la storia dell' Ordine ». Non si può tacere l'«impegno conversionistico» di Francesco e dei suoi seguaci ansiosi di portare a ogni uomo il Vangelo di Cristo, anche a costo della propria vita. Lo provano i primi cinque martiri francescani (Berardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto), trucidati e decapitati in Marocco nel 1220. Secondo la tradizione quando il santo di Assisi fu raggiunto dalla notizia del loro supplizio commentò: « Ora posso dire con sicurezza di avere cinque frati minori». (Avvenire)

 

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