Papa Francesco in Iraq, la visita che ha dell'incredibile
Solo pochi anni fa, nel 2014, Daesh (l’Isis) prendeva la città di Mosul ed in pochi giorni tutta la piana di Niniveh in Iraq diventava preda di persecuzione e razzie. I cristiani, che la abitano dall’alba del primo millennio, furono costretti a scappare molto velocemente e con loro migliaia di altre persone che avevano paura di quell’orrore ceco. Ad alcune minoranze religiose, come quella Ezida, non fu concessa neanche la fuga. Inseguiti e braccati subirono violenze di ogni genere.
Qaraqosh è la città cuore dei cristiani a Niniveh. Si chiama anche Bakdhida in aramaico, che è la lingua della comunità siriaca cattolica che abita la zona. Daesh la occupò subito facendo fuggire tutti, tranne qualche anziano che rimase coraggiosamente. La cattedrale, grande ed imponente al centro della città, fu subito incendiata. Il chiostro reso il poligono di tiro dei miliziani. Ancora poco tempo fa era possibile vedere i fori dei proiettili ovunque ed il fumo nero alle pareti della chiesa.
Con l’Ong Un ponte per… sono stato tra i primi a entrare nella città appena liberata nel 2017. Era spettrale, con case ed edifici sacri bruciati. Palazzi minati e crollati a suon di granate. Ero con un amico ingegnere che entrò per la prima volta a casa sua, di fronte la cattedrale. La casa era stata completamente saccheggiata. Lui sapeva anche da chi. Non disse una parola nell’immediato. Poi tutti dissero: ricostruiremo.
E così è stato. Il pittore Thabet Mikhael fu tra i primi a pensare che bisognava restituire vita e colore alla città. E cominciò con un gruppo di professori delle scuole superiori a fare bellissimi murales pieni di luce sui muri. Coprendo le scritte inneggianti alla morte di Daesh. Le case furono divise in categorie e con il coordinamento della chiesa locale e di un gruppo di religiosi in pochi anni è stato possibile renderle di nuovo abitabili. Il consiglio della città decise di lasciare aperta la moschea, che c’era da sempre. Non più odio ma convivenza.
E non è stata una scelta facile. In molti hanno ancora paura e non sono più tornati dall’estero dove erano rifugiati o dalle più sicure città del Kurdistan Iracheno. Del resto la comunità cristiana irachena era di più di un milione e mezzo di persone nel 2003. Ora saranno meno di 500.000. Un esodo si direbbe. Del resto non tutte le città sono fortunate come Qaraqosh, dove comunque sono arrivati molti aiuti. La vera sfida della convivenza è nei luoghi dove più comunità vivono insieme. A partire dalla vicina città di Mosul. Un tempo centro culturale e sociale di rilevanza internazionale. Ora ferocemente segnata dalla guerra. Che ha ferito gli animi delle persone.
Non è un caso che sia stato scelto come vescovo della città il padre domenicano Najeeb Michael. Un uomo eccezionale che si è distinto per anni nella salvaguardia del patrimonio artistico e culturale della comunità cristiana irachena. Affrontando viaggi pericolosissimi per portare in salvo migliaia di libri. E di uomini e donne. Aveva costruito due case per sfollati ad Erbil, chiamate la vigna e la speranza. Dove oltre all’accoglienza si facevano attività culturali, si restauravano libri, si discuteva del futuro.
Ed ora la visita di Papa Francesco dà corpo a questo futuro con la sua presenza proprio nei luoghi della persecuzione e con l’attesissima celebrazione nella cattedrale di Qaraqosh. E non c’è altra strada per il futuro che quella della convivenza tra le diversità. Come il Papa aveva già detto ad Abu Dhabi. Del resto l’Iraq è il paese dei giovani che sono almeno il 60% della popolazione. La maggior parte vive come tutti i loro coetanei del mondo, seguono i social, hanno curiosità cosmopolite e capacità da vendere. In migliaia l’anno scorso erano in piazza per chiedere anche di superare il sistema confessionale in politica. Non hanno bisogno né di tutori né di aiuti. Hanno bisogno di opportunità in un paese ricco di risorse naturali, cuore della Mesopotamia e della nostra civiltà e pieno di competenze.
E l’esempio del Papa rappresenta un passo fondamentale, coraggioso e pieno della perseveranza di tutte le persone che hanno a cuore la convivenza e la pace non solo in Iraq ma ovunque. (Huffington Post)
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