Pif: 'A Natale vorrei un regalo personale'
Il regista, attore e sceneggiatore intervistato dalla redazione di sanfrancesco.org
Pif, pseudonimo di Pierfrancesco Diliberto, è un conduttore televisivo, autore televisivo, sceneggiatore, regista, scrittore, attore e conduttore radiofonico italiano. Sanfrancesco.org lo ha intervistato per Natale
Cos'è per te il Natale?
Seppur nell'ipocrisia, sappiamo bene che la gente tende a essere buona per Natale, non si capisce perché non dovrebbe essere buona il resto dei giorni. Questa ipocrisia generale incentrata sulla frase “a Natale siamo più buoni”, come se Gesù fosse felice che si è buoni solo il giorno della sua nascita e non il resto della vita. Ma in questa ipocrisia generale, è comunque un giorno che unisce, credenti e non credenti, lo spirito natalizio comunque coinvolge. Visto che c'è questo spirito, lo sfrutterei per fare qualche riflessione.
Il Papa ha detto: invece di lamentarci, aiutiamo gli altri.
Un po' come quando c'è la festa delle donne, non si capisce perché dovremmo essere gentili con le donne solo l'8 marzo. Ma dal momento che la festa c'è, è comunque occasione buona per fare il punto della situazione. Il Natale può essere fare un punto della situazione del nostro essere cristiani, o comunque essere umani se uno non è credente.
Un resoconto difficile in quest'anno particolare.
Un anno particolare, sì. Ma forse anche qui lo spirito natalizio ci dovrebbe aiutare per farci capire che Natale non dovrebbe essere il limitarsi a ripetere cose che si fanno da sempre: puoi fare la messa alle 10, cambiare abitudini, ma lo spirito rimane. Non fermiamoci alle forme. Anche perché non sappiamo di preciso quando sia nato Gesù, il 25 è stato scelto come simbolo, ma non dobbiamo fermarci ai simboli senza dare conseguenze pratiche.
Il tuo primo Natale in tre...
Ancora mia figlia è neonata, è un giorno come un altro. Comincerà a essere diverso il giorno in cui comincerà a capire, e allora asarà bello spiegare. Ora ha 4 mesi, fa impressione a me e non a lei. Per lei la cosa importante è avere la poppata ogni 3 ore e mezzo...
Mi chiedo però, se non avessi messo su famiglia, in tempo di Covid sarei rimasto da solo e sarei stato più povero nei miei sentimenti e magari avrei tentato la fuga a Palermo. Invece adesso la cosa che mi fa più impressione è che rimango a Roma e non da solo, in altri tempi sarei stato totalmente solo.
È un segno?
La famiglia è anche questo. Poi ci sono discussioni, litigi. Ma capisci che non sei più solo e non lo sarai per il resto della vita. La solitudine ha anche un fascino, ma ho sempre pensato che un singolo felice non sarà mai felice come una coppia felice, perché la felicità è bello condividerla.
Manderai anche tu la foto con il tuo bambino?
Mi sono ripromesso di non cadere nella trappola di tutti i papà che mandano la fotina... Ancora foto di Emilia col cappello non le abbiamo fatte...ma magari cadremo anche noi!
Il Natale in un pensiero. Un simbolo, un oggetto...
Lo scatolone in cui mettevamo il presepe e gli addobbi. Quello era il simbolo: all'inizio facevo fatica a vedere cosa c'era dentro, mi dovevo aggrappare e mettermi sulle punte. Mentre poi lo prendevo io dalla cantina. Scrivevo ogni anno a matita l'anno del Natale. Ho cominciato a percepire il tempo che passava. Purtroppo lo abbiamo dovuto gettare perché si è bagnato.
L'altra cosa è l'albero, addobbato come l'ho sempre addobbato, mi mette sicurezza. Una cosa che sai che ogni anno c'è e mi mette sicurezza.
Albero e presepe?
A Palermo albero e presepe. A Roma, per pigrizia, facciamo solo albero. E poi sono legato al Presepe che facevamo a Palermo...
Che dono vorresti sotto l'albero?
Un regalo personale materiale, ho professato per anni – ora non posso più permettermelo – di non far regali e non ricevere regali, mi sembrerebbe già questo un regalo meraviglioso. Se devo pensare a un regalo immateriale, speriamo che finisca quest'incubo del coronavirus. Ma in queste situazioni ringrazio di aver avuto un'educazione cattolica. Anche se essendo agnostico non ci credo più così tanto, ma nei momenti di stanchezza, qualcosa rimane e ti conforta.
Pensando al tuo servizio dello scorso anno, sul riportare la bici di Giulio Regeni in Italia. Da papà, rispetto a quando hai fatto quel servizio, la vedi in maniera diversa, ancora con più dolore?
La vicenda di Giulio realtà mi ha sempre fatto soffrire, non è cambiato granché. Mi ha sempre fatto paura. Soffro ugualmente, mi tormenta ugualmente. Però mi è venuta in mente la cosa che mi ha sempre detto mio padre: di dire a Dio o a chi per lui, se mi dovesse succedere qualcosa o una malattia, falla venire a me. Se dovessi morire ora, mi sono tolto delle soddisfazioni, sarebbe più giusto che accadesse qualcosa a me e non a una bambina di pochi mesi. Queste parole di mio padre mi sono venute in mente.
L'ipotesi di un tuo film su san Francesco
Sto cercando di convincere il mio produttore di trovare l'angolo giusto. Ci sono già tanti film di grandi registi. A me piaceva evidenziare la reazione che ha avuto il mondo della Chiesa a san Francesco. Sto studiando e lavorando su un film che racconta come ha reagito il mondo davanti a san Francesco, che è una cosa di attualità pazzesca. È il santo più contemporaneo che ci sia mai stato. Fare un film sul presente e sul futuro, perché le domande che san Francesco ci spinge a farci continuano ad essere attuali ed è forse proprio il cuore dell'essere cristiano, l'elemento più sensibile.
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