opinioni

I mali del sistema educativo

Franco Lorenzoni Pixabay
Pubblicato il 05-01-2021

Se ne parla nel saggio di Patrizio Bianchi "Nello specchio della scuola"

Nel reagire al terremoto che nel maggio 2012 colpì decine di paesi intorno a Mirandola, si decise di ripartire dalle scuole e inaugurare il nuovo anno permettendo a tutte le classi di riunirsi, sin dal primo giorno, in ogni luogo possibile a partire dalle piazze in cui erano state da poco rimosse le macerie. Patrizio Bianchi, che all' epoca era assessore alla Regione Emilia Romagna, ricorda quella scelta condivisa dalla popolazione e sostenuta da tutte le amministrazioni locali, scrivendo che in quelle settimane comprese quanto «nella scuola stia il battito della società».

L' affermazione potrebbe suonare retorica, se non punteggiasse un libro attraversato da una forte tensione etica e politica, volta a dimostrare quanto le sorti dell' economia e del benessere sociale dipendano strettamente dalla qualità dell' istruzione. L' assunto è facilmente verificabile in negativo e Nello specchio della scuola (il Mulino), Bianchi documenta la perversa complementarietà tra disinvestimento in istruzione e stagnazione economica, tra sfiducia nella ricerca e abbandono del sud e di vaste aree del paese.

Di fronte all' ultima crisi finanziaria, tra il 2009 e il 2016, la spesa in educazione calò drasticamente da 72 miliardi a poco più di 65, assottigliando la percentuale di spesa pubblica dedicata all' istruzione dal 9,2 al 7,8 per cento ponendoci in coda nel nostro continente, mentre in Germania passava dal 10,19 al 10,93 e la media europea si assestava sopra il 10 per cento. Sono scelte che si pagano, perché la dispersione scolastica riprese ad aumentare superando il 14 per cento a livello nazionale, il che vuol dire che ci sono regioni e territori in cui si raggiunge la cifra spaventosa del 30-35 per cento: un terzo delle intelligenze di ragazze e ragazzi a cui si toglie respiro sul nascere.

Il libro delinea una mappa documentata dei principali problemi aperti e le pagine più interessanti sono quelle in cui l' autore parla della sua esperienza di amministratore. Non so se sia giusto accorpare in un unico assessorato scuola, sviluppo, ricerca, università, formazione professionale e lavoro, insieme al coordinamento delle politiche europee, ma è certo che quella postazione ha permesso una visione della scuola e una capacità di intervento che si è rivelata efficace, perché la diffusione capillare della formazione professionale ha ridotto i tassi di dispersione in Emilia Romagna da 16,5 a 9,9 per cento.

Affidare le sorti della scuola agli economisti sarebbe certo azzardato, perché ci sono aspetti dell' educare che debbono prescindere da ogni utilitarismo immediato, ma confrontarsi con le durezze del mercato, le sfide della globalizzazione e delle incalzanti trasformazioni tecnologiche, permette uno sguardo imprescindibile sulla scuola e la sua funzione sociale. Si può finalmente parlarne a partire dalla formazione professionale e degli Istituti tecnici, che raccolgono quasi la metà degli studenti, e affrontare lì dove nasce la piaga dell' abbandono e delle crescenti povertà educative. La pandemia e la chiusura prolungata oltre misura delle scuole ha fatto emergere problemi antichi, che chiedono di essere affrontati con radicalità e lungimiranza. Patrizio Bianchi è stato incaricato dalla ministra Azzolina di coordinare da aprile un comitato di 18 esperti per elaborare proposte per la riapertura delle scuole.

In tre mesi di lavoro il comitato ha ascoltato diverse decine di realtà vive e attive nella galassia dell' istruzione, ma questo prezioso lavoro di inchiesta e le proposte che ne sono scaturite sono finite relegate a un pigro e inerte uso interno. Con questo libro Bianchi reagisce a questa improvvida dissipazione proponendo una discussione fattiva, con la consapevolezza che, per imboccare la strada stretta di una conversione economica capace di sostenibilità sociale e ambientale, abbiamo bisogno di alimentare intelligenze, energie e competenze che non possono che venire da una scuola ripensata e riprogettata a fondo, a partire dai suoi segmenti più fragili e dai luoghi in cui c' è maggiore bisogno di istruzione. Perché i fondi del Next generation EU arrivino davvero alle future generazioni c' è infatti bisogno di una consapevolezza pubblica e di una determinazione politica che sembrano mancare. (Repubblica)

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