Don Maurizio Patriciello, 'Natale con i poveri'
Le parole del parroco della 'Terra dei fuochi', sempre al fianco degli ultimi, per sanfrancesco.org
Davanti al presepe solo i poveri si sentono a loro agio. Poveri, viandanti, sono Giuseppe e Maria in cerca di una casa che non trovano, poveri i pastori, povero il bambino senza culla. Eppure, strano a dirsi, la povertà del presepe non rattrista, non angoscia, non avvilisce, ma invita a guardare l’essenziale, a fissare lo sguardo su ciò che vale, a riflettere sul senso della vita e della storia.
Natale è dei poveri e di chi sa farsi povero con i poveri. I poveri, almeno a Natale, ci sfidano. Non puoi adorare il Dio Bambino e fingere di non vederli. O li metti al centro, i poveri, o Natale non sarà Natale. Sempre, ma soprattutto in questo giorno, abbiamo bisogno di loro, più di quanto possiamo credere. Ci danno la gioia di condividere il poco o il tanto che abbiamo; ci donano il gusto delle piccole cose; ci aiutano a tenere viva la speranza. Il migliore ingrediente per il successo di un buon pranzo è la fame degli invitati.
Non commettere l’errore di invitare a tavola chi è già sazio, non apprezzerà, non è in grado di farlo, il tuo lavoro, la tua cucina. Solo l’affamato conosce il sapore semplice del pane. E il povero ha fame. Perciò tende la mano alla mano che glielo porge. E sa essere riconoscente. E creare rapporti veri e duraturi. E vincere la più subdola e dolorosa di tutte le malattie, la solitudine. Col povero niente convenevoli, niente giri di parole, non sono necessari. Nel povero ti rispecchi perché riesci a vedere l’uomo. Egli ti dona la gioia, perché non c’è mai un dare senza ricevere. Di troppe cose si muore, di obesità si muore. La sazietà ci annoia e spinge a un oltre con la minuscola, un oltre che sconfina nella nausea.
Al contrario, il povero m’invita a guardare a un “Oltre” con la maiscola. Un Oltre che stavolta sconfina nel mistero. Andiamo a cercarli, i poveri, invitiamoli alla nostra tavola, facciamoci evangelizzare da loro. Sono loro che, più di ogni altro, somigliano alla famiglia di Nazaret, “esperta nel soffrire”, esperta in umanità. Ecco il nostro Natale: orizzonti che si allargano, si squarciano, si distendono all’ infinito. Sguardo capace di spaziare, di superare ostacoli, di guardare oltre. Di contemplare l’ Oltre. Consapevolezza di non essere solo, di non essere inutile. Di non essere capitato per caso su questa terra tormentata e bella.
A Natale, il Dio che le galassie non possono contenere si fa Bambino, si fa povero, per intenerirci il cuore, per ricordarci che siamo fratelli, che abbiamo un Padre, che siamo in cammino verso una Patria. Per dirci che ci ama da impazzire. Natale è il giorno dell’ incanto, delle vertigini, dell’ assurdo. Un assurdo più vero di ogni verità. Natale è desiderare con tutto il nostro essere di voler prendere le distanze dal male. Da tutti i mali. Dall’ avarizia e dalla superbia, dall’ orgoglio e dalla sete di vendetta. Dall’egoismo che ti costringe a rimanere chiuso in te stesso, e ti benda gli occhi perché tu non veda chi attorno a te ha bisogno di te. E ti fa prendere la distanza dai poveri che invece possono arricchirti. Buon Natale. Con i poveri, naturalmente.
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