L'appello dal carcere
Caro Padre Enzo,
mi chiamo Giuseppe e sono detenuto nell’Istituto penitenziario di Au- gusta. Purtroppo la vita carceraria è un calvario, sono consapevole che devo pagare per i miei errori, ma qui non funziona nulla. Viviamo in con- dizioni non piacevoli, il cibo e le condizioni igieniche lasciano a desiderare... per poter ottenere un lavoretto di un mese devi attendere un anno, ma nel frattempo qui devi pagarti tutto, dall’acqua ai prodotti basilari per l’igiene in- tima. Ora con il Coronavirus tutto è peggiorato, siamo in una fase veramente pericolosa, speriamo che Dio ci salvi da questa pandemia. Vi scrivo per chie- dervi se potete aiutarmi con una piccola donazione economica. Mi scuso per il disturbo e per lo sfogo. Vi prego di ricordarmi nelle vostre preghiere. Grazie. Giuseppe (@)
Caro Giuseppe,
grazie per avermi scritto e non preoccuparti, la tua lettera è tutt’altro che un disturbo. La vita carceraria, soprattutto in tempo di pandemia, non è facile. Chi sbaglia è giusto che paghi, ma nessuno deve essere lasciato indietro e tut- ti hanno diritto ad una seconda possibilità. Il carcere, per avere una funzione rieducativa, non deve essere solo una pena, ma deve rappresentare un luogo in cui le persone trovano il tempo per riflettere e attività che consentano di migliorarsi, per poi inserirsi nuovamente nella società. Per quanto riguarda la tua richiesta, mi sono messo in contatto con la Diocesi di Siracusa che svolge un ottimo lavoro nello stare accanto agli “ultimi”, vedrai che appena possibile verranno a trovarti. Un caro saluto di pace e bene
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