Lettere al direttore

Doniamo il nostro tempo

Redazione Pixabay
Pubblicato il 18-01-2021

Caro padre Enzo,

non ho ancora completato la lettura dell'Enciclica di papa Francesco...ma mi sono soffermata un momento, e di questo ti voglio parlare, sul secondo capitolo, precisamente sull'invito all'integrazione dei fratelli, anche di chi ha un colore di pelle e una storia diversa dalla nostra, degli ultimi, dei diversi, degli anziani, delle donne!

Esattamente nel cap. 60, scrive «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).   Ma noi, padre Enzo, da dove dobbiamo iniziare? 

Cosa possiamo e dobbiamo fare nel nostro piccolo?  Nella realtà della nostra normalità, della nostra ordinaria quotidianità? La risposta la troviamo qualche rigo dopo, nel cap. 63, quando il Papa, invitandoci all'ascolto della parabola del buon Samaritano, dice che egli, rispetto agli altri che hanno incontrato il prossimo, sulla loro strada, gli ha... dato il proprio tempo! Io credo che potremmo iniziare da lì! Rinunciare un pochino a fare una cosa nostra, magari non tanto importante e...dare un pochino del nostro tempo... Ti abbraccio, padre Enzo, con stima e con gratitudine per il tempo che...dai a noi.

Rosa Di Martino 

 

Cara Rosa, 

le risposte che ti sei data, leggendo Papa Francesco, sono risposte di una donna intrisa di fede ed umanità. Sai che donando il tuo tempo, sarai stata samaritana e cirenea di tanti. So che già lo fai, ti invito a perseverare. Il tempo che noi doniamo per gli altri non è mai sprecato, è un “investimento” che dà i suoi frutti in brevissimo tempo, ci rende persone migliori, più comprensive, compassionevoli e aperte. Solo donandoci saremo in grado di costruire un mondo migliore. Condivido con te una riflessione di don Marco Pozza, che condivido in pieno: “Non c'era nessun Dio a segnalare che si era nella prossimità di gesti definitivi: aveva lasciato l'uomo come sua segnaletica. L'uomo sfinito: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». Dio, quando vuol giocare di sorpresa, viaggia-in-borghese. È annuncio finale: al-di-là saremo quello che noi abbiamo deciso di essere mentre eravamo al-di-qua. Nessuna sorpresa: perché, dunque, spaventarsi? Lo si dice anche in paese: "Si muore come si vive". È forma di uguaglianza, la più ecumenica. Non sarà Dio a mandarci all'Inferno, nel Paradiso: la sentenza è del Bene. Quello fatto, quello non fatto: o saremo uomini che hanno fatto il bene, oppure uomini che non l'hanno fatto. L'omissione del bene – averlo potuto fare, non averlo fatto – è azione che Dio non potrà invertire, pena la manomissione della libertà. Omissione-di-soccorso è motivazione d'Inferno. Il peccato, invece, è spinta-sul-Paradiso. Tra vergogna e nullafacenza, Dio sceglie la vergogna”.

 Ti ringrazio per avermi scritto e per la tua bella testimonianza.

Pace e bene,

P. Enzo

 

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