francescanesimo

L’immagine di San Francesco in Santa Croce a Firenze

Antonio Tarallo Cappella BArdi - Giotto
Pubblicato il 27-02-2022

Il ciclo giottesco della cappella Bardi

“Firenze stanotte sei bella, in un manto di stelle che in cielo risplendono, tremule come fiammelle nell'ombra nascondi gli amanti. Le bocche tremanti si parlan d'amor…” Cosi cantava Claudio Villa in una celebre canzone su una città che ancora fa sognare. Firenze. Chi non la conosce! Come non innamorarsi di Firenze? Bellezza e arte, storia e fede si intrecciano in questa città tanto celebrata da scrittori, poeti, musicisti e pittori.

E, fra queste bellezze, spicca trionfante di colore e forme, una cappella in particolare: uno scrigno che si trova di là dell'Arno, nella gotica basilica di Santa Croce. Lungo le navate di una delle più belle chiese francescane di tutti i tempi si trova in un trionfo di stile e magnificenza una cappella denominata “La cappella Bardi”. Gli splendidi affreschi sono realizzati dal padre della pittura italiana Giotto. Lo stesso autore del famoso ciclo pittorico nella basilica Superiore d’Assisi.

Ma qual è la storia di questa cappella? Di cosa ci parla?

L’influente famiglia fiorentina di banchieri dei Bardi servivano principi e cardinali e contavano venticinque filiali in tutta Europa. Una famiglia, dunque, importante e più che danarosa tanto da affidare al grande Maestro Giotto la decorazione della propria cappella. Gli affreschi sono stati attribuiti all'ultimo suo periodo: un Giotto maturo, dunque, che - in sette scene - riesce a riprodurre una short story della vita di San Francesco. Le immagini riprodotte sono basate sulla biografia redatta da Bonaventura da Bagnoregio: la Rinuncia ai beni paterni, la Conferma della Regola francescana, l’Apparizione al Capitolo di Arles, la Prova del fuoco davanti al Sultano, la Morte di san Francesco, alcuni miracoli post mortem e san Francesco riceve le stimmate. Questi i titoli delle scene rappresentate.

Solenni e composte, le storie del Santo – affrescate probabilmente intorno al 1325 – si svolgono sulle pareti con una grande chiarezza. Lo spettatore-fedele si trova dinanzi a un vero e proprio viaggio all’interno della vita di Francesco e l’architettura della cappella aiuta a immedesimarsi nell’umanità dei personaggi, tra i quali domina la figura di Francesco d’Assisi. Quasi tutte le composizioni della cappella Bardi sono centrali e simmetriche, ed hanno una ben ragionata rispondenza di relazione fra narrazioni opposte, concludendosi con una rappresentazione sopra l’arco d’entrata, con San Francesco che riceve le stimmate.

È un Giotto più maturo che tende a dare ai corpi umani una voluminosità più dettagliata rispetto al ciclo di Assisi. I colori sono sublimi, come sempre e le vicende narrate creano in ogni spettatore una tensione verso l’Infinito, verso la vita di quel santo che lasciò tutto per seguire Cristo. Colpisce molto l’umanità espressiva dei personaggi. Siamo immersi nella vita del santo e sembra quasi di udire le voci dei personaggi. È l’arte che racconta ancora oggi, a distanza di secoli. È l’arte dei grandi maestri.

Ma quello che potrebbe definirsi fulcro di tutta la cappella è la Tavola con San Francesco e venti storie della sua vita posta sull'altare della cappella. L’opera è una delle più significative della pittura duecentesca, commissionata forse dalla famiglia Tedaldi di Firenze. Prima dell’attribuzione a Coppo di Marcovaldo, pittore fiorentino nato nel 1225 circa e morto intorno al 1276, veniva conosciuta come opera del “Maestro della tavola Bardi”.

San Francesco è raffigurato in piedi, benedicente, con un libro nella mano sinistra. Nella fascia decorativa interna sono presenti piccoli busti di frati francescani, che potrebbero alludere alla comunità di Santa Croce dell’epoca. L’esecuzione della tavola è sicuramente da collocare tra la canonizzazione (1228) e l’obbligo di distruggere le biografie di Francesco antecedenti a quella di san Bonaventura (1266), ma può essere precisata, per via stilistica, agli anni 1245-1250. L’attribuzione a Coppo di Marcovaldo, principale artista fiorentino prima di Cimabue, è stata determinata da queste caratteristiche pittoriche: plasticità delle figure, forte espressività, insieme alla minore attenzione per la rappresentazione dello spazio e delle architetture.

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