Opere di misericordia: alloggiare i pellegrini
Cosa c’è di più “santo” della salvezza?
Quaresima, periodo di meditazione, ma non solo. Chiaro, infatti, è anche l’invito all’azione: rivedere la propria vita alla luce del Vangelo e cercare di approfondire la nostra relazione con Dio. L’invito da parte della Chiesa di soffermarsi sulle “Opere di misericordia” nel periodo quaresimale è un invito sempre attuale. “San Francesco patrono d’Italia” vuole ripercorrere con i lettori proprio queste “opere” alla luce del mondo contemporaneo cercando di rispondere alla domanda: come possiamo viverle nel nostro oggi?
Pellegrinare, andare verso qualcosa. Il pellegrino lascia la terra d’origine per poter andare verso un luogo santo. Così è stato nella storia, da sempre. Di pellegrinaggi famosi ce ne sono tanti: da Lourdes a Roma; da Fatima a Medjugorje. Un uomo in cammino verso un luogo santo. Ma cosa c’è di più “santo” della salvezza? Cosa c’è di più santo della vita? Questa è la domanda che oggi sarebbe da porsi, guardando alle moltitudini di migranti che giungono nel nostro Paese. I recenti fatti di Cutro ci pongono sì la questione dei migranti in cerca di rifugio, di un pane da mangiare, di un abito da vestire; ma, ancora più in profondità, ci dovrebbe porre una questione su ciò cosa voglia dire il termine “salvezza”. Il pellegrino nell’antichità chiedeva “salvezza” per la sua anima; giunto nel luogo di preghiera prestabilito, eccolo davanti a un altare o a una tomba di un santo a chiedere Grazie di salvezza. Oggi, nel mar Mediterraneo, si è in cerca di salvezza nella sua “totalità”, definiamola così: totalità che vuol dire, pellegrinare in altro luogo, per poter conservare la vita.
Nell’antica prassi del pellegrinaggio così come comunemente inteso, aprire le porte della propria casa ad un pellegrino significava condividerne le esperienze, farsi carico di quell’esistenza che bussava alla porta. Oggi a bussare sono gli immigrati: bussano con la speranza di essere accolti, di trovare rifugio da qualche guerra che imperversa nel proprio Paese. In Italia, secondo i dati più aggiornati del Ministero dell'Interno, dal 1° gennaio al 10 marzo 2023 sono sbarcati 17.592 migranti, il triplo dei 5.976 sbarcati nello stesso periodo del 2022. Molti di queste donne, uomini e bambini non riescono neanche a bussare alla porta: 26.000 morti in mare in dieci anni, questo è il dato fornito dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). 26.000 vittime per i viaggi della speranza. Migranti partiti dall’Africa o dall’Asia col sogno di raggiungere l’Europa, il loro luogo di “pellegrinaggio”, il loro luogo “santo”.
Nella Sacra Scrittura, sono presenti tanti episodi di inospitalità: il Vangelo, ad esempio, ci parla dei samaritani ostili nell’aprire le porte delle proprie case ai pellegrini diretti a Gerusalemme. Lo stesso Gesù Cristo non verrà accolto: “E non lo accolsero, poiché il suo volto era diretto a Gerusalemme”, così scrive l’evangelista Luca. Anche oggi non accogliamo Cristo. Non lo accogliamo quando ci chiede di essere salvato in mare; non lo accogliamo quando stende la mano per chiedere l’elemosina dietro l’angolo del nostro palazzo; non lo accogliamo quando cerca lavoro perché nella sua terra non ce n’è.
Ma non lo accogliamo anche quando bussa alla nostra vita o quando cerca di recare speranza al mondo perché - così vuole la società contemporanea - è sempre meglio guardare a ciò che non va nella nostra vita piuttosto che comprendere la preziosità di ciò che già abbiamo in dono. In quel momento il pellegrino Gesù, pur bussando in maniera insistente alla nostra porta, rimane fuori, alla soglia. E noi, presi dalle “faccende domestiche” del nostro io, non diamo spazio all’altro.
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