Le Clarisse di Faenza: pace, ricerca e incontro con Dio
Una clausura in un'oasi di pace
Fu Chiara d’Assisi, mossa dalla medesima ispirazione di Francesco, a dare inizio a quella forma di vita evangelica che ora è quella di tante clarisse in tutta Italia: la scelta della povertà come scelta di una Persona, di una Vita. La clausura. "Un progetto antico e sempre nuovo", quello di osservare il Vangelo in povertà e silenzio, un progetto da realizzare nell’incarnazione continua e mutevole della storia, nelle forme che la fede plasma nelle diverse culture e in ogni tempo. Questo tipo di vita, e di scelta, viene raccontato ad ACI Stampa dalle Clarisse di Faenza, da Suor Mariangela e dalle sue sorelle.
In che consiste la Regola di Sant'Urbano e perchè siete chiamate Monache Clarisse Urbaniste d'Italia?
La nostra Regola è stata approvata da Papa Urbano IV nel 1263 - 10 anni dopo la morte di S. Chiara - essa istituiva l’Ordine di S. Chiara e fu quindi adottata da tutti i monasteri delle Sorelle povere, che da allora furono chiamate Clarisse. Noi continuiamo a professare tale Regola - da qui la nostra denominazione di Clarisse Urbaniste - mentre altri monasteri hanno ripreso, in epoca recente, la Regola scritta da S. Chiara.
Qual è la vostra storia?
La storia della nostra comunità affonda le sue radici in un tempo lontano, ancora viventi S. Francesco e S. Chiara: un documento del 1223 testimonia la presenza delle Clarisse nella città di Faenza. Molte le vicende del nostro Monastero negli otto secoli di vita: non solo cambio di sedi, ma il volto stesso della vita di comunità fu trasformato dall’accoglienza, per motivi educativi, di bambine ed adolescenti e ciò evitò la chiusura del Monastero in epoca napoleonica. L’attività scolastica si è poi affiancata per molto tempo alla vita della Comunità e solo dopo il Concilio ecumenico Vaticano II si è iniziato un percorso di ricerca/ approfondimento (1970-1995) del nostro specifico che ha portato alla chiusura di ogni tipo di scuola e di ritorno alla vita monastica. Ma non si finisce mai di camminare!
Vi siete trasferite dal Monastero di Faenza a Montepaolo...
Il calo numerico, l’avanzare dell’età e questo “cambiamento d’epoca” che tutti viviamo hanno continuato ad interpellarci... Ci è parso di cogliere in questi segni, una chiamata a una vita “minore” – termine prediletto da Francesco! - a cominciare dalla nostra abitazione, che risultava inadeguata, eccessivamente vasta e dispersiva. E’ stato un percorso che ha richiesto tempo, pazienza e tanta preghiera.
Ci siamo interrogate a lungo, cercando di ascoltare lo Spirito nelle nostre singole voci… abbiamo cercato un luogo in diocesi dove poter trasferirci… Poi, questo Eremo - Santuario di S. Antonio che i frati Minori stavano lasciando, l’abbiamo visto come il luogo preparato per noi dalla Provvidenza. Viviamo ora, dal 2019, qui a Montepaolo, dove visse sant’Antonio di Padova per circa un anno (1221- 1222), prima di divenire il grande predicatore/taumaturgo che tutti conoscono. E’ una vera oasi di silenzio e di pace, cui le bellezze del creato fanno da cornice, un luogo dove in tanti salgono per godere di una sosta agli affanni della vita.
In tempo di pandemia come avete modificato le vostre abitudini?
La pandemia ha certamente limitato l’affluenza dei pellegrini, ma il Santuario è sempre rimasto aperto; da parte nostra si è intensificato l’interesse, la partecipazione per la sofferenza di tante sorelle e fratelli. La nostra vita, proprio perché legata a questo Eremo/Santuario, conosce un alternarsi sia nella giornata, sia nelle stagioni, di momenti/tempi di solitudine, di silenzio, che nei mesi invernali o in certe ore della giornata si fanno più intensi, per poi lasciare spazio ai contatti, all’ accoglienza di singoli o di gruppi.
Come si svolge la vostra giornata?
La nostra giornata inizia all’aurora (h.6.00) con uno spazio di preghiera personale (meditazione/lectio), alle 7.00 ci troviamo insieme in cappella per la celebrazione delle Lodi, cui segue la Messa…Termina con la celebrazione di compieta alle 21.00. La liturgia delle ore, gli incontri di vita comunitaria, il lavoro nei vari ambiti in cui ci turniamo, il riposo, le prove di canto... intessono le nostre giornate.
Un augurio che volete fare come comunità a tutti i lettori.
Vorremmo che questo Eremo divenisse sempre più per ciascuna di noi e quanti salgono fin quassù il luogo dell’incontro con Dio, come lo è stato per sant’Antonio. Salendo ci sono diverse indicazioni : agriturismi, trattorie, ristoranti invitano… E se salendo tutti avvertissero l’urgenza, il desiderio, la fame di incontrare il Signore della Vita? (Aci Stampa)
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