La favola del 'Te Deum' de lo frate Francesco
Un’immaginaria scena del poverello di Assisi, colto in preghiera nell’ultimo giorno dell’anno
Un giornalista entrò di soppiatto nel convento. Un silenzio di preghiera avvolgeva stanze, celle, cappelle e altari. Tutto era pronto per il “Te Deum”, quello di fine anno. Il fruscio dei sai francescani facevano da allegra sinfonia silenziosa tutto intorno. Il giornalista non sapeva muoversi tra celle e corridoi, tra il chiostro e i vari piani del convento. Il Sacro palazzo era in un fermento che sapeva di attesa. Da poco era trascorso il Natale. Il Bambinello era stato collocato in mezzo a Giuseppe e Maria. Pochi giorni dopo - quei giorni, nel calendario liturgico, sono chiamati “Ottava di Natale” - la concentrazione sul Dio fatto Uomo era ancora presente. Le letture, le preghiere ancora contemplavano il “Verbum caro factum est”. Il Verbo fatto Carne, quante volte “lo frate Francesco” lo aveva nominato agli altri suoi frati! Per lui, era importante. E, ora, il Sacro Convento, invece, viveva un altro importante tempo: quello della fine dell’anno solare. Il 2020.
Anno denso, colmo di peste (così si diceva tempo fa’). Un anno che aveva visto i medici impegnati nelle corsie di ospedali per curare e salvare vite umane. Una guerra che silenziosa imperversava in tutto il mondo. Anche “lo frate Francesco” aveva aiutato i medici durante questa Pandemia che agguerrita imperversava ancora. Anche negli ultimi giorni dell’anno. Lui, il poverello d’Assisi, con altri suoi frati, era andato a Rivotorto a curare gli ammalati. Non poteva esimersi da questo compito. Il fratello vicino era Dio-Bambino. Il fratello vicino era Cristo sulla Croce. Tutto insieme. Senza distinzione alcuna.
Il giornalista ambiva allo scoop. Dobbiamo confessarlo. Intervistare il santo di Assisi. Una bella conversazione a fine anno poteva dargli finalmente la possibilità di avere un posto assicurato in redazione. Di questi tempi, beh, non era per niente male. L’intervista doveva essere fatta. Costi ciò che costi. E fu così che impavido entrò - senza essere visto - nel convento. Mancava poche ore alla celebrazione del “Te Deum” per chiudere l’anno. Aveva già in mente il taglio dell’intervista. Un po’ provocatoria, anche. Un “Te Deum” in un anno del genere! Che senso avrebbe avuto, ora? Possibile? Erano queste le domande che si faceva il giovane giornalista.
Lontano, ascoltò una voce. Piccola. Leggera. Come vento. La seguii e così si ritrovò - con sua grande sorpresa - al cospetto di lui, San Francesco. Era nella sua cella. Stava pregando. Nella oscurità, nella penombra di una candela - piccola - accesa. Era rivolto al Bambino Gesù che teneva fra le braccia. Gli cantava una ninna nanna che faceva all’incirca così:
“Bimbo bello, bimbo senza colore, la tua Luce ha calore, l’Uomo ancora non comprende, l’unica via dell’Amore. Bimbo bello, bimbo senza colore, senza guerre, senza dolore. Le tue mani apri al Mondo, com’è bello giocar tutti, in sereno girotondo. Bimbo bello, bimbo senza colore, bello sarebbe, nessuna incomprensione, gl’occhi dolci posa a noi, scoprirci tutti, figli tuoi. Bimbo bello, bimbo senza colore, la tua Luce ha calore, l’Uomo ancora non comprende, l’unica via dell’Amore”.
Finita questa ninna nanna, parlò così al Bambino: “Dolce Bambino, è un tempo duro di prova questo che stiamo vivendo. Ma non è una prova mandata da Dio. No, nulla di tutto questo. Se solo potessimo pensare a sentirci veramente tutti fratelli! Potremmo allora, veramente, ringraziare Dio. E ringraziare Dio, dovremmo sempre farlo! Eppure è così difficile umanamente: noi, umanità tutta, sentiamo profondamente questa nostra condizione di richiesta continua, e mai di ringraziamento. Alla fine, siamo poveri, piccoli e fragili. E mai, come in quest’anno abbiamo sperimentato quanto essere foglie appese ad albero. Noi, allora, dovremmo ringraziarti solo per una cosa, la più importante: sapere di avere in te, Gesù, il tronco fondamentale della nostra vita”.
Il giovane giornalista, rimasto alla porta a spiare “lo frate Francesco”, rimase in silenzio. Era tutto preso da una simile scena. Non aveva parole. E fu così che decise, sereno, di desistere dal suo intento. Non volle, poi, fare nessuna intervista. Aveva avuto già le risposte che cercava. Le tenne per sé, però. Nel suo cuore.
Antonio Tarallo
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