fede

Due convertiti a Dio, Agostino e Francesco

Antonio Tarallo catalogo fondazione Zeri
Pubblicato il 28-08-2021

La conversione a Dio al centro della vita dei due Santi

Celeberrima è la frase del Vescovo d’Ippona, Agostino: “Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle tue creature. Eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di te; ti gustai ed ora ho fame e sete di te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della tua pace”.

Questo passaggio de le sue “Confessioni” è l’emblema della conversione del santo. Tutti la conoscono, rimasta ormai famosa nei secoli. Agostino, un uomo che ha cercato la Verità. E dopo averla trovata, il suo impegno è stato quello di essere al servizio di tale Verità: Dio. La sua vita ci viene raccontata in uno dei testi più famosi della letteratura di tutti i tempi, “Le Confessioni”. Le pagine agostiniane non sono altro che il racconto del viaggio interiore che ha portato Agostino a conoscere realmente sé stesso, e - di conseguenza - Dio.

Conversione. Dal latino cum-vertere: conversio, da converti o se convertere, che vuol dire “portarsi dall'uno all'altro luogo”, “volgersi verso qualcuno o qualche cosa”, “cambiare direzione” o “strada”. Agostino, a un certo punto della sua vita, si accorge proprio di questo: ha la necessità - o meglio un fuoco dentro che lo divora - di volgere lo sguardo ad altro che è in Alto. Il fatto che più sorprende nella vita del santo d’Ippona è che quell’Alto riesce a raggiungerlo partendo dal suo avere lo sguardo ben “orizzontale”. La sua vita, prima di incontrare Cristo, era un susseguirsi di piaceri vani. E così sarà per San Francesco. Anche il santo di Assisi - lo sappiamo bene - prima dell’incontro con Dio, aveva una vita sregolata: piaceri, bellezze vane, sogni di gloria e onori. I due personaggi sembrano viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda, si direbbe. Se San Francesco voleva diventare un famoso cavaliere, Agostino voleva diventare un avvocato di grido. Ma, per entrambi, poi la vita riserva una sorpresa che nessuno dei due poteva certo immaginare: la conversione, il cambiare sguardo. Entrambi incontrano Cristo e tutto cambia. Tutto ha una nuova luce. San Francesco comincerà la sua opera di carità e di accoglienza, e sarà sì cavaliere, ma di Dio. Agostino diverrà addirittura vescovo d’Ippona. Tutti e due rimarranno sì nella Storia, ma non come avevano immaginato.

C’è un dipinto di Andrea di Giusto - pittore fiorentino del Quattrocento - che ha per soggetto una scena che raffigura la Madonna col Bambino in braccio tra San Francesco d'Assisi e Sant'Agostino. L'opera è conservata presso la Pinacoteca Crociani al Museo Civico di Montepulciano, in Abruzzo. E’ un dipinto assai particolare perché mette in correlazione i due santi. Nella cornice inferiore si nota la scritta in gotico “AVE MARIA”. La Vergine campeggia al centro. I due - molto più piccoli per grandezza - sono ai lati di Maria. Agostino sta a sinistra ed è vestito da vescovo, con la mitra in testa e l'aureola che gli illumina il capo. Con la mano destra regge il bastone pastorale, mentre con la sinistra tiene stretto al petto un libro chiuso. Dal lato opposto sta ritto in piedi san Francesco che regge con la mano sinistra un libro mentre con la destra alza verso l'alto una croce.

I due santi hanno guardato a quella Croce. L’hanno contemplata. L’uno, Sant’Agostino, grazie alle sue opere di teologia è riuscito a spiegare più che bene cosa voglia dire “seguirla”. L’altro, l’ha seguita e basta, divenendo egli stesso “segno”, “simbolo” di quella Croce.

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