Card. Bassetti: Francesco da prigioniero esulta
Nel corso della guerra tra Assisi e Perugia, l’assisiate viene catturato
Ad ascoltare le tradizioni legate a tanti luoghi di questa nostra terra umbra, san Francesco sembra esser stato ovunque. Di sicuro, se non il suo passo infaticabile, tutto ha raggiunto e benedetto il suo sguardo amorevole, di preferenza le creature umili e fragili, imprimendo anche così il suo messaggio tenace.
Le fonti confermano a Perugia passaggi significativi. Guerre e paci trovano corpo in episodi che lo vedono protagonista. Nella Leggenda antica, forse riconducibile ai primi discepoli del Poverello, Francesco predica alla folla nella piazza di Perugia, quando irrompono arroganti cavalieri. La profezia del Santo, dopo vani tentativi di conciliazione, è questa: “Se non vi convertite subito a Dio… il Signore vi farà insorgere gli uni contro gli altri”, con tribolazioni imparagonabili a quelle provenienti da forze esterne (cfr. FF 1583). I veri nemici, capaci di distruggerci, sono l’egoismo, l’arroganza, la pretesa di salvarci ognuno per sé.
È a questi che occorre fare guerra, ma è da qui che parte la vera pace. L’ascolto della parola del Signore, sempre sorprendente, e la sincera apertura alla sua volontà di bene generano concordia, sano vigore, serenità, vittoria su ogni male.
Ancora più famoso è l’episodio della carcerazione perugina di Francesco, richiamato nella Vita seconda di Tommaso da Celano (FF 584). In uno scontro cruento tra Perugia e Assisi, “Francesco fu fatto prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere”. Ma, a differenza degli altri, il santo “esulta nel Signore, disprezza e irride le catene”. Poiché lo giudicano “svanito e pazzo”, risponde che i suoi pensieri sono ben altri: “Un giorno sarò venerato come santo in tutto il mondo”.
Non è millanteria. “Vi era tra i compagni di prigionia un cavaliere superbo, un caratteraccio insopportabile. Tutti cercano di emarginarlo, ma la pazienza di Francesco non si spezza: a furia di sopportare quell’intrattabile, ristabilisce la pace fra tutti”.
Stagliati nella realtà perugina spesso cruda (non solo il medioevo ma anche il rinascimento ebbe tinte durissime), questi episodi mostrano una santità evangelica, efficace, possibile. Oggi, prigionieri di una pandemia mondiale, con un altissimo tributo di vittime e una sequela di ferite sociali concatenate, possiamo ancora provare ad applicare lo sguardo e la mano di Francesco.
Capace di portare le stimmate dell’umanità, seminando la gioia del Vangelo anche dove sembra impossibile, testimoniando che il Signore è risorto per riaprire a tutti la via della speranza e della vita.
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