esteri

Siria, la disperazione di Aleppo

Luca Geronico Ufficio stampa Oxfam
Pubblicato il 15-02-2021

Senza elettricità e benzina, si bruciano scarpe e stracci per avere acqua calda

"Questa è mia madre. Usiamo scarpe vecchie, stracci e sacchetti di plastica per accendere la stufa e bollire l'acqua". La voce fuori campo è quella di Shaman, giovane ingegnere di Aleppo, in Siria. Con il suo telefonino riprende la madre, china davanti a una vecchia stufa con una caldaia di acqua sopra. La camera del telefonino riprende per un attimo una doccia, un muro grigio e scrostato e una bacinella colma di acqua. Shaman e la madre vivono in una zona semidistrutta di Aleppo, dove non c'è elettricità. "Non abbiamo gas e petrolio per scaldarci, per questo usiamo questi sacchetti di plastica", conclude Shaman che riesce a caricare il telefonino grazie a un piccolo generatore.

E' questa la vita ad Aleppo a causa dell'embargo, dicono le autorità governative. E anche a causa del protrarsi di una guerra civile che di fatto prosegue da quasi 10 anni. La vita per la popolazione è insostenibile: per spostarsi su un piccolo bus privata si devono aspettare ore e ore e il prezzo del cibo è salito alle stelle. "Certo non possiamo comprare quello che desideriamo. Ringrazio i Maristi blu per il loro aiuto" confida Shaman. I maristi blu, ong legata alla Fnsi (Fondazione marista per la solidarietà internazionale) da anni prosegue il suo programma di aiuti umanitari. Ma un giovane ad Aleppo non ha prospettive per il futuro. "E ora come potremo far fronte alla diffusione del Covid?" confida Shaman ad Avvenire.

"Ho un sogno: poter completare i miei studi con una borsa di studio per un master in Italia e in Europa. Se qualche organizzazione mi aiutasse a realizzarlo..." Disperazione, garbata e composta, di un giovane ingegnere siriano a 10 anni dalle Primavere arabe. (Avvenire)

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