'Libera i tuoi prigionieri': report su cristiani detenuti causa fede
Aiuto alla Chiesa che soffre ricorda le centinaia di cristiani arrestati ingiustamente nel mondo
Ogni mese, più di 300 cristiani in 50 Paesi del mondo vengono imprigionati ingiustamente a causa della loro fede: è il drammatico dato che emerge dal Rapporto “Libera i tuoi prigionieri. Un rapporto sui cristiani ingiustamente detenuti per la loro fede”, redatto dalla Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs). Lo studio riporta casi specifici soprattutto in quattro Paesi (Nigeria, Eritrea, Pakistan e Cina). Si analizza la prigionia per motivi di coscienza, la detenzione arbitraria, i processi ingiusti, le condizioni carcerarie inadeguate, i casi di tortura e di pressione per indurre le persone ad abbandonare la fede.
Africa e Asia, scenari difficili
In Nigeria, ad esempio, “il sequestro di cristiani rappresenta il fenomeno più grave. Ogni anno più di 220 fedeli vengono rapiti e imprigionati ingiustamente da gruppi di miliziani jihadisti. I sequestri di persona a scopo di riscatto sfociano spesso in uccisioni di sacerdoti protestanti e cattolici”. Lo stesso dicasi per l’Egitto, dove “giovani donne cristiane copte vengono rapite e costrette a sposare i loro rapitori non cristiani”, mentre “in Eritrea si stimano più di mille fedeli cristiani ingiustamente detenuti”. Guardando all’Asia, lo scenario è altrettanto grave: in Pakistan, “annualmente si verificano circa mille casi di conversioni forzate di ragazze e giovani donne cristiane e indù”, mentre in Corea del Nord si contano “circa 50mila cristiani nei campi di lavoro, cioè quasi il 50 per cento del totale dei detenuti”. In Myamar, inoltre, si calcola che, a partire dal 2018, l’esercito abbia interrogato e arrestato 100 pastori e reclutato con la forza studenti cristiani.
Peggioramento a causa della pandemia
Il Rapporto sottolinea anche “l’impatto devastante e senza precedenti” che il Covid-19 ha avuto sulla ingiusta detenzione. In particolare, spiega Acs, “tre fattori-chiave hanno causato un peggioramento della situazione: in primo luogo, la chiusura parziale o totale dei Tribunali e di altre attività legali ha causato ulteriori ritardi per i cristiani reclusi in attesa di appello”; in secondo luogo, “dal momento che le funzioni religiose si sono spostate online in risposta al virus e in linea con il lockdown e le altre misure di sicurezza, i governi autoritari hanno potuto aumentare la sorveglianza e la repressione di coloro che sono stati trovati a partecipare a presunte attività illegali”; infine, la pandemia “ha fornito ai persecutori l’opportunità di colpire mentre tutte le attenzioni erano rivolte a fronteggiare l’emergenza del coronavirus”.
L’odio religioso, un fattore sottovalutato
Aiuto alla Chiesa che soffre ricorda, poi, che “come è stato dimostrato in numerosi Rapporti specializzati, i cristiani costituiscono la comunità religiosa più presa di mira”. Secondo il Pew Research Center, infatti, “l’ingiusta detenzione di cristiani, sia da parte degli Stati che di soggetti non governativi, emerge come una violazione dei diritti umani in 143 Paesi in cui vi sono gravi vessazioni”. Ma il Rapporto evidenzia anche un alto numero di “gruppi religiosi minoritari colpiti da ingiusta detenzione” e ribadisce quindi la necessità di “agire tempestivamente” perché “per troppo tempo l’odio religioso è stato sottovalutato nella spiegazione del fenomeno della ingiusta detenzione”, mettendo sempre più a rischio le minoranze religiose.
Asia Bibi e padre Dall’Oglio
Da sottolineare che lo studio di Acs si apre con due figure-simbolo della persecuzione a causa della fede: la prima è Asia Bibi, la donna cristiana pakistana falsamente accusata di blasfemia e imprigionata per nove anni. È lei a firmare la prefazione del Rapporto e a ricordare che “è tempo di dire la verità a coloro che hanno il potere perché chi, sfidando la legge, detiene persone innocenti finalmente venga assicurato alla giustizia. È tempo che i governi agiscano. È tempo di manifestare in difesa delle nostre comunità di fedeli, vulnerabili, povere e perseguitate. Non dobbiamo fermarci finché l’oppressore non senta finalmente il nostro grido: 'Libera i tuoi prigionieri'”.
La seconda figura ricordata è invece quella di Padre Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria il 29 luglio 2013: “Poche persone si sono occupate di libertà religiosa quanto lui, pochi hanno sofferto più di lui per le proprie convinzioni”, sottolinea Acs, che conclude: “Padre Paolo è uno dei cinque sacerdoti, tra cui due vescovi, rapiti da Daesh (Isisi) in Siria nel 2013: uomini di fede di cui non si conosce il luogo di detenzione né è dato sapere se siano morti o ancora vivi”. (Vatican News)
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