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Da 45 giorni India bloccata per le manifestazioni per l'uguaglianza

Redazione EPA/PIYAL ADHIKARY
Pubblicato il 22-01-2020

Il motivo delle proteste è la nuova legge sulla cittadinanza che esclude i musulmani

Manifestanti di ogni età, ceto sociale, appartenenza etnica e religiosa bloccano l’India da 45 giorni. Al grido di “Hindu, Muslim, Sikh, Isaai – aapas mein hain bhaai bhaai”, ossia “idù, musulmani, sikh e cristiani sono fratelli”, milioni di persone chiedono il rispetto dei diritti umani e dei valori di uguaglianza, libertà e laicità sanciti dalla Costituzione.

Il motivo delle proteste è la nuova legge sulla cittadinanza, il Citizenship Amendment Bill (o Act, dopo l’approvazione del Parlamento bicamerale), che esclude i migranti musulmani dalla richiesta di naturalizzazione. Al contrario, la norma snellisce le procedure per altri sei gruppi minoritari perseguitati (indù, buddisti, cristiani, sikh, giainisti e parsi) in tre Paesi confinanti a maggioranza musulmana (Afghanistan, Bangladesh e Pakistan).

Organizzazioni laiche e religiose, donne e bambini animano strade e piazze, mostrando striscioni che inneggiano all’unità del Paese e all’armonia tra le religioni. Una delle manifestazioni più affollate a livello nazionale è quella nata in maniera spontanea a Shaheen Bagh, un incrocio nel quartiere a maggioranza islamica che collega Delhi alla città satellite di Noida. Qui donne di tutte le confessioni sono riunite dal 16 dicembre, dopo l’assalto delle forze di sicurezza alla Jamia Millia Islamia University della capitale e il pestaggio degli studenti.

Il sit-in pacifico è ravvivato ogni giorno con nuovi manifestanti, che danno il cambio ad alcuni, mentre altri continuano a stazionare da settimane. Le giornate sono animate da gruppi di studenti di ogni età ed estrazione, che cantano e recitano poemi. Una delle più anziane partecipanti è la signora Bilquis, 82 anni, presente fin dal primo giorno. “Torno a casa – racconta – solo per lavarmi o per cambiarmi i vestiti”. Nata prima dell’indipendenza raggiunta nel 1947, l’anziana non ha mai partecipato a una manifestazione. “Ma questa volta è diverso”, aggiunge, prima di tornare a cantare insieme agli altri “Hum kya chahte? Azaadi - bhedbhav se azaadi” (Vogliamo la libertà – libertà da discriminazione).

Tra le recenti manifestazioni cui hanno partecipato centinaia di persone, vi è stata la marcia di Calcutta, organizzata da cristiani e laici del West Bengal. Il 20 gennaio cristiani di diverse denominazioni hanno percorso le strade della città trasportando striscioni che recitavano: “No alle divisioni tra le persone”, “Siamo tutti figli di Dio”. I partecipanti si oppongono anche alla proposta di Registro nazionale dei cittadini (Nrc), sulla falsariga di quello in vigore in Assam dallo scorso anno, che ha privato quasi due milioni di persone del diritto di vivere in India.

Varsha Gaikwad, ministro per l’educazione del Maharashtra, ha stabilito che dal 26 gennaio in tutte le scuole dello Stato costiero (che include anche Mumbai – la più grande città indiana) verrà recitato il Preambolo della Costituzione, il testo decantato dai manifestanti perché inneggia ai principi di uguaglianza e legalità. L’obiettivo dello Stato, amministrato in tandem con il partito del Congress, è sviluppare il senso civico degli studenti, esaltando i valori di rispetto e libertà.

Infine stamattina la Corte suprema ha deciso di rinviare a data futura l’udienza sulle petizioni presentate contro la legge. Il tribunale, presieduto da S.A. Bobde, ritiene che non sia sufficiente il banco composto da tre giudici, ma sia necessario allargare la discussione ad altri esperti che decidano sulla costituzionalità di una norma che ha già provocato – per reazione – oltre 30 morti.

AsiaNews

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