cronaca

Nigeria, padre Fortunato: azione vile contro innocenti

Domenico Agasso JR ARCHIVIO ANSA - PIUS UTOMI EKPEI
Pubblicato il 06-06-2022

La chiesa deve dialogare

«L'assalto mortale ai fedeli durante la messa in Nigeria è un'azione vile, vigliacca. Ma la Chiesa ora non deve lanciare messaggi di vendetta, bensì, per quanto sia difficile e quasi innaturale, pronunciare parole di speranza e di pace». Lo afferma padre Enzo Fortunato, scrittore ed editorialista, tra i volti più noti del francescanesimo.

Dopo l'attentato di matrice religiosa il francescano invita anche a unirsi al cordoglio del Papa, che, «mentre si chiariscono i dettagli dell'accaduto» - comunica la Sala stampa della Santa Sede - «prega per le vittime e per il Paese, dolorosamente colpiti in un momento di festa, e affida entrambi al Signore, perché invii il Suo Spirito a consolarli».

Padre Fortunato, quali sono i suoi pensieri e i suoi sentimenti di fronte alle immagini di violenza e morte nella chiesa di San Francesco a Owo nello stato nigeriano di Ondo? «Provo sconcerto per questo attentato vile, che colpisce ancora una volta non solo donne e uomini animati dalla fede e dall'amore, ma anche gente e bambini innocenti. Quelle persone stavano compiendo uno degli atti più importanti della vita, pregare nel giorno di Pentecoste, disarmate nel cuore e nel vivere insieme la celebrazione cristiana».

Ora la Chiesa come deve reagire? «Le strade da percorrere sono tre su tutte. Innanzitutto la ferma condanna, senza se e senza ma, di ogni atto che vuole distruggere l'uomo. La seconda è la preghiera: non potrò mai dimenticare quello che il papa emerito Benedetto XVI ci disse nel 2011 ad Assisi, quando, invocando il dono della pace per l'umanità, ricordò che con la preghiera si può scuotere il cuore di Dio e, allo stesso tempo, risvegliare la coscienza e il cuore dell'uomo. La terza è continuare a dire basta al vergognoso traffico delle armi».

A chi invoca rivalsa che cosa direbbe? «La Chiesa deve stare attenta a non sconfinare nella predica della vendetta. È una parola che non appartiene al cristiano, e non dovrebbe appartenere all'uomo. È illuminante ripercorrere i passi della Bibbia per vedere come dalla "regola di ferro", rappresentata dalla legge del taglione, si è arrivati alla "regola d'argento", "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te", fino a quella d'oro: "Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te". Siamo chiamati a questo. Al dialogo sempre e comunque».

Lei rappresenta lo spirito francescano di Assisi: queste carneficine possono ostacolare il cammino interreligioso ed ecumenico? «Il percorso ecumenico ha già ricevuto una ferita profonda con l'invasione russa in Ucraina. Ora il commando omicida in Nigeria ha provocato un'ulteriore lacerazione alla comunione interreligiosa. Ma non dobbiamo assolutamente arrenderci, sarebbe una sconfitta. L'uomo di fede è animato dalla speranza nel futuro dell'uomo, speranza che non muore e non delude».

Oltre a quelle degli autori e dei mandanti dell'attacco, intravede anche responsabilità indirette per il sangue versato nella chiesa nigeriana? «Il non prenderci cura dei paesi più fragili e deboli - a tutti i livelli, politico, sociale, umanitario - porta all'abbandono di alcune regioni del mondo, che diventano così terreno fertile per i soprusi. Sono stato nei giorni scorsi a un incontro con i Nobel per la Pace e i Nobel per l'Economia: si è arrivati a comprendere quanto sia decisiva la "strategia" della solidarietà vera e concreta verso chi è più fragile e indifeso, vicino e lontano. Solo così il mondo intero potrà progredire verso il "buon vivere", sostenibile e pacifico». (La Stampa)

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