cronaca

L’inno alla gioia della fratellanza e le meste note delle morti in mare

Antonio Tarallo The Independent
Pubblicato il 10-05-2019

Baris, il più giovane di nove fratelli, dopo un'adolescenza travagliata, aveva scoperto la passione per il violino

La notizia aveva avuto grande rilievo nel maggio 2017, prima tra le emittenti televisive e i giornali curdi, per poi arrivare all’inglese “The Indipendent”, voce autorevole del giornalismo inglese, che aveva raccontato la storia di Baris Yazgi, un giovane violinista curdo, ventiduenne, morto nel mare Egeo, mentre cercava di raggiungere l’Europa per seguire un sogno: quello della Musica. E, il web, in questi giorni, si sta nuovamente occupando della notizia, quasi a monito per tutte le stragi che continuano inesorabilmente a compiersi nei mari, come quella, assai recente, del barcone di nove persone disperso proprio nel mar Egeo.

Baris, il più giovane di nove fratelli, dopo un'adolescenza travagliata, aveva scoperto la passione per il violino. Era stato il fratello Cengiz, anche lui musicista, a trasmettergli l’amore per la musica. Baris aveva talento, aveva imparato in pochi mesi a suonare il violino. Il fratello si esprimeva così, all’ “The Indipendent”: “Amava la musica, amava in particolare la musica classica occidentale”.

La sua destinazione era il Belgio, per iscriversi a una scuola di musica, per perfezionarsi nello strumento che non aveva mai abbandonato nella sua vita, e anche nella morte, il violino. Il cadavere di Baris era stato ritrovato nelle acque, abbracciato al suo inseparabile strumento. Un’immagine forte, un’immagine che ancora ci fa riflettere. Ma soprattutto commuovere. La commozione, questa sconosciuta al mondo di Oggi, dove è diventato così facile “fare la caccia alle streghe”, dimenticandosi presto che oltre ai nazionalismi, c’è un valore più forte: quello di far parte, prima di tutto, della “famiglia umana”.

Lo ha ricordato, proprio ieri, Papa Francesco, nell’udienza che vedeva coinvolti cinquecento rom: “La vera strada è quella della fratellanza”. E i fratelli, non si dividono certo per etnie, per credenze religiose, per provenienza culturale. Il pontefice si è visibilmente commosso facendo riferimento alle storie di difficile integrazione che occupano le prime pagine della maggior parte dei quotidiani. E la storia di questo giovane violinista, a distanza di tempo, ma soprattutto dopo ancora così tanti morti in mare – donne e uomini alla ricerca della speranza – sembra quasi volerci raccontare qualcosa sull’Oggi, un qualcosa che ancora ci ostiniamo a non voler comprendere.

Baris era un ragazzo che, certamente, credeva nella fratellanza. Chi è impegnato nell’Arte, chi – come il giovane curdo – ha amore per la Musica, può solo che avere in mente, o meglio, vivere, la parola “fraternità”. Chissà quante volte le corde di quel violino hanno sprigionato le note dell’Inno alla Gioia di Beethoven. E di questa composizione, sarebbe bene ricordarne i versi, composti dal poeta Shiller: “Abbracciatevi, moltitudini!/ Questo bacio vada al mondo intero! / Fratelli, sopra il cielo stellato/ deve abitare un padre affettuoso”.  E l’inno alla gioia, non può non esprimersi che nella fratellanza. La Musica ci insegna questo, in fondo, in quella sua immaterialità ma – al contempo – nella sua capacità di parlare, senza steccati, al cuore dell’Uomo.

Uno storico violoncellista e direttore d’orchestra spagnolo, Pablo Casals, scriveva: “La musica scaccia l’odio da coloro che sono senza amore. Dà pace a coloro che sono in fermento, consola coloro che piangono”.

Il mare Egeo – che aveva ascoltato quel violino fra le onde – pochi giorni fa, è stato nuovamente teatro di altra tragedia: l’affondamento del barcone diretto in Grecia, con il bilancio sconcertante di nove morti, di cui cinque bambini. Purtroppo, ancora tante, troppe, sono le note che si sentono riecheggiare per consolare “coloro che piangono”

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